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Il ritorno blindato di Mario ossigenato, triste e solitario

Solo più che mai, come una nuvola nera che porta tempesta. Solitario e inquieto il nero che dice di essere negro e che i compagni non hanno sopportato più. L'immagine più emblematica del rapporto fra Mario Balotelli e l'Italia è quella di mercoledì notte, aeroporto militare Galeao di Rio de Janiero. I giornalisti hanno passato la dogana e aspettano la squadra. Seduti lungo un corridoio lungo e stretto: passerete di qui, pensavano ammiccanti. Il pullmann della nazionale arriva, minuti di attesa, poi sbuca la lunga sagoma di un ragazzo a capo chino, quasi nascosto dal cappellino e dalle inseparabili cuffie. Balotelli triste (forse) solitario y final. La solitudine dell'eretico, magari dell'appestato.
Ci vorranno minuti perché compaia la squadra ed anche signore e compagne compresa Fanny, spedita dall'Italia a medicare la solitudine, ad arginare irrequietezza e cattive relazioni sociali. Dal capellino spiccava la criniera biondo platino tinteggiata, poco prima di partire, dal barbiere del Portobello. Questa è tristezza? Questa è rabbia? «Ciascuno è fatto a modo suo e gestisce la delusione a modo suo. Io non entro nello spogliatoio che è off limits, però nei comportamenti esterni Mario è stato perfetto», ha provato a spiegare Demetrio Albertini, vicepresidente dimissionario. Perfetto finché non deve confrontarsi con alcuno, finché possa macerarsi nell'isolamento da primadonna convinta di avere sempre ragione e di non dovere mai dare spiegazioni. Nelle conferenze stampa SuperMario non eccede, qualche volta eccelle: prima di Italia-Costarica ha espresso il senso del gioco di squadra («dobbiamo dare tutti il 200 per cento»), poi le parole sono diventate vento e sul campo non è più esistito. Nell'intervallo con l'Uruguay si è fatto cacciare dal tecnico per evidente stato di crisi calcistica e di tensione di rapporti (insofferente all'esortazione del ct: «Esci dal tuo mondo virtuale, per il tuo bene», si sarebbe poi scusato: «So di aver sbagliato»). I compagni lo hanno fulminato di parole e di sguardi, il rapporto freddo è diventato gelido. Lo spogliatoio lo ha trattato come fece con Cassano nel 2010. Magari i giovani la pensano diversamente. Lo ha esplicitato Darmian, l'ultimo arrivato: «Non è gusto accanirsi con Mario. Non è stato lui il problema di tutta la sconfitta». Ma quanto conta?
In ogni spogliatoio comandano i santoni, anche in nazionale. Prandelli è un furbo: li ha sempre lasciati consigliare e dire. «Abbiamo fatto una figuraccia», ieri ha replicato laconico Buffon ad una manciatina di tifosi accorsi alla Malpensa. «Balotelli? Parlo solo di cose calcistiche», come il personaggio ormai non ne faccia più parte. Balo tenta di tutto per non farne parte: i tweet esprimono quanto non riesce a dire, la rabbia repressa. Poi gli pesano la comunità, la comunanza di intenti, il rapporto interno. Solitario y final all'aeroporto di Rio, sempre avanti a tutti e isolato. Pochi attimi con Fanny in aereo, eppoi ancora solitudine: sdraiato sulla poltrona e cuffie in testa. La chioma bionda è il segnale di una immaturità, di un voler essere comunque diverso. Diversità che qualche volta lo mette a rischio. Ieri, alla Malpensa, un minivan nero lo attendeva sotto bordo, misura di sicurezza per lui e Prandelli decisa dalla polizia. Erano attese contestazioni. Invece c'erano appena dieci tifosi fuori dall'aeroporto. Il tempo di caricare bagagli e Fanny, capellino calcato e cuffia in testa e via. Gli altri sul pullmann comune. Lui solitario, fuggitivo e viziato. Gli altri a faccia all'aria, lui nascosto quasi fosse sprezzante.
Il senso dello sprezzo ha alzato il muro fra Balo e la squadra. Il senso dello sprezzo domina tra il suo Ego e i giornalisti. Balo vuoi parlare con noi, anziché twittare soltanto? Gli hanno fatto chiedere in aereo. E lui: «Nemmeno per sogno». A domanda diretta dei cronisti non avrebbe risposto. Di solito tien la faccia bassa, passa e va. Il senso di una megalomania che lo nutre fin da ragazzino (disse a Moratti: «Presidente, il suo Ronaldo sono io») ha alzato il muro con tifosi e tecnici che hanno puntato su di lui, ricambiati da delusioni e tradimenti. Solitario y dannato. Qualcuno all'Inter raccontò: «Provato Mario, ti può capitare di tutto: non ti spaventa più niente». I compagni hanno dato un taglio alla frequentazione. Quel Balo sul minivan oscurato potrebbe essere una foto ricordo. Gli importerà mai di quel che gli ha detto Albertini? «Mario, il talento è una missione e va messo al servizio della squadra. Questa è un'opportunità di carriera buttata. E ormai non sei più un ventenne». Per tutta risposta, Balo giallo crinuto si è rimesso le cuffie ed è andato a sedersi.

Solitario y solitario.

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