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Robinho, erroracci e infortuni: ma il figliol prodigo è tornato

Rigori sbagliati con la Juve e il Valencia, poi il gol e i problemi muscolari. Allegri ha pochi attaccanti e lo ritiene indispensabile perché ha talento

Robinho, erroracci e infortuni: ma il figliol prodigo è tornato

Lo ripeteva un giovanissimo Nino Manfredi in una fortunata edizione (59-60) di Canzonissima : «fusse che fusse la volta buona». Lo pensa a bassa voce tutto il Milan di ritorno da Valencia. «Fusse che fusse la volta buona» è riferimento esplicito anche se non dichiarato a Robinho e ai suoi tormenti chiusi dentro una parentesi lunga alcune settimane e cancellati da qualche raggio di luce. Sembrava destinato al Santos e al Brasile e invece è rimasto a Milanello, ha preso carta e penna e firmato un prolungamento di contratto con smaltimento dello stipendio dorato, prima di impappinarsi dinanzi a un paio di rigori e di zoppicare dopo il primo accidente muscolare della stagione. Il pupillo di Allegri è tornato, per ora nella veste di seconda punta (in assenza di El Shaarawy) e di rigorista di complemento (in assenza del titolare della cattedra, Mario Balotelli). È tornato con un paio di errori dagli undici metri che segnalano il suo estro inaffidabile, specie quando è cicrcondato da grande attesa (così contro Storari nel trofeo Tim a Reggio Emilia).

Ma è tornato dalla lunga attraversata del deserto rossonero con rassicuranti messaggi raccolti da tecnici, critici e tifosi che ne hanno in passato sorvegliato gli estri mutevoli. Assente per quasi un anno dalle cronache di Milanello, Robinho si è rifatto vivo nei giorni scorsi appena ha capito che le offerte del Santos erano al ribasso. «Sono rimasto al Milan per recuperare il tempo perduto» è stata la frase civetta campeggiata a poche ore dal gol di Valencia (splendido assist di Poli) e dalla contrattura all'adduttore sinistro che ha messo in allarme lo staff medico oltre che Adriano Galliani nel suo buen ritiro di Forte dei Marmi («mi preoccupa più Robinho che il calcio-mercato»). Lo choc, semmai, è arrivato dalla radiografia al ginocchio destro di Bonera: frattura della rotula!

Il responso dei primi controlli è stato il seguente: Binho salterà il trofeo Audi in Germania e il viaggio negli Usa ma sarà pronto per il preliminare di Champions che è il primo esame della stagione. La contrattura non è una tragedia, anzi è il primo infortunio serio da mettere nel conto della preparazione 2013-2014 modificata nell'impostazione, solitamente più lenta e macchinosa ordinata in passato da Allegri. Robinho è indispensabile al Milan per un motivo semplicissimo: è l'unico, nel ridotto parco attaccanti a disposizione di Allegri, dotato del talento necessario per moltiplicare la cifra tecnica. Il primo Robinho, piazzato tra Cassano, Pato e il gigante Ibrahimovic, collezionò la bellezza di 14 centri, pari a quelli del giovane brasiliano e dello stagionato svedese: in tre misero insieme una eccellente cooperativa del gol che fruttò il primo scudetto dell'era Allegri, l'unico chissà per quanto tempo ancora.

Da delizia a croce dell'ultimo Milan, per i suoi ritardi, le malinconie represse, il rendimento precipitato, Robinho è tornato a riveder le stelle e il calcio italiano con quello scatto di cui sono capaci solo i campioni dotati di orgoglio ferito. Si è capito contro la Juve, nonostante si fosse fatto infinocchiare da Storari, si è visto a Valencia nonostante quell'altro penalty calciato da principiante. Uno così può leggere quasi distratto le cronache di calcio-mercato che parlano di Ola John (classe '92, attaccante del Benfica, liberiano con passaporto olandese) e riferiscono dei mugugni di Ljalic, escluso da Montella.

Il figliol prodigo (di Allegri) è tornato, ma forse non è ancora il caso di sacrificare un agnello.

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