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Roma-Inter, calcio show che non serve a vincere

Il 7° gol di Palacio rimedia al rigore dubbio segnato da Totti. Partita ping-pong fra tantissime occasioni e altrettanti errori. Guarin trascina i nerazzurri, Osvaldo re del fuorigioco

Roma-Inter, calcio show che non serve a vincere

I palati facili lo chiameranno calcio show o calcio spettacolo. Quelli un po' meno facili converranno che il calcio ping pong di Roma e Inter poteva servire a tutto, tranne a vincere. Troppi errori conclusivi, soprattutto della Roma. Niente di nuovo. Un acchiappare l'attimo che fugge dicendo: io speriamo che me la cavo e vedi la faccia dell'Inter. La Roma ha fatto la partita, l'Inter l'ha giocata sfruttando le debolezze romaniste. Inter un po' stanca, ma comprensibile dopo i supplementari di coppa. Roma sfavillante in certi momenti, ma da far cascare le braccia in altri. Le ingenuità di Osvaldo in area di rigore sono state colpi al cuore per il tifo romanista. La grinta di Guarin, la sua strapotenza fisica, un sollievo per il credo nerazzurro. Non cambia molto la classifica, ma la partita ha certificato che Roma e Inter meritano il posto non proprio di prima schiera. Nulla è perduto, nemmen l'onore. L'Inter si consolerà con il settimo gol di Palacio, con il primo punto dopo 4 sconfitte consecutive in trasferta, mentre la Roma è tornata al pari dopo 4 vittorie consecutive. Si parla di numeri più che di gioco.

Peccato, la storia era cominciata meglio. Prima mezz'ora da “quanto sei grande Roma”, ultimo quarto d'ora del primo tempo da “Roma non far la stupida”. E l'Inter in mezzo al guado di chi si infila nella tempesta e cerca di uscirne fuori con il minore dei danni. Allo scoccare del primo trequarti d'ora operazione compiuta: Roma ha fatto la stupida, un must della sua difesa, e l'Inter ha acchiappato il gol del pareggio grazie alla forza fisico-calcistica di Guarin(con aiutino del braccio) e al solito piedino di Palacio, infilatosi nel mollismo difensivo romanista. Direte: tutto previsto e prevedibile. Si, vero. La Roma ha condotto la danza per mezzora tirando e sbagliando, infilando spazi vuoti, chiedendo a Totti la sinfonia d'artista, affidandosi alla corsa di Bradley, alla gioventù esuberante di Florenzi, mentre l'Inter se ne è stata rincattucciata nel suo classico: difesa e contropiede. Stramaccioni aveva scelto Livaja da affiancare a Palacio, Guarin straordinario trascinatore e Cambiasso in panchina. La Roma con i soliti noti e De Rossi in mezzo al campo, salvo uscire dopo un tempo per i problemi all'adduttore della gamba destra.

Roma bella da vedere in quella prima mezzora, tiro a segno in porta con mira sbilenca tanto da avere bisogno di un aiutino dell'arbitro per andare in gol dopo venti minuti: Totti pennellatore cortese per Osvaldo, in area si infila più svelto Bradley e Ranocchia sbaracca tutto con una entrata in scivolata, che non è fallosa ma scomposta e induce l'arbitro al rigore vedendo scender a terra l'americano pelato. Totti non se ne fa un problema del dubbio e, dal dischetto, tira una fucilata di forza e rabbia per il gol della Roma.
A quel punto dalla Roma ti aspetti sempre di più, ma la Roma cerca sempre il modo migliore per complicarsi la vita. E l'Inter ne ha approfittato: Pereira moto perpetuo a sinistra, Nagatono un po' meno sperduto, centrocampo un po' più alto, Livaja più sfrontato e Palacio in agguato. E così alle quattro-cinque palle gol della Roma, sono seguite le due-tre dell'Inter: un palo colpito da Livaja, con splendida azione e girata, uno stato confusionale provocato da un pasticcio difensivo che Chivu non ha sfruttato. E, al minuto 45, il gol di Palacio che ha riportato l'Inter in gol in trasferta dopo 411 minuti di digiuno.

Frenesia, velocità, e un ping pong di azioni l'hanno fatta da padrone. Partita divertente, un po' imperfetta nei particolari di gioco. Osvaldo e Totti si sono mangiati un'altra occasione gol all'inizio della ripresa (sventata da Handanovic). Poi la partita si è attenuata nei ritmi, meno occasioni. L'Inter ha un po' mollato nel finale. Handanovic ha fatto muro davanti a Lamela.

Il resto lo hanno fatto Piris e gli altri, imperterriti nel sbagliare mira.

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