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Seedorf e la remuntada. "La storia siamo noi"

Tutto gioca contro il Milan, ma nel 2007 Clarence e Inzaghi cambiarono la storia. Servono magie di Kakà e Balo. Invece Simeone teme Poli, Taarabt ed Emanuelson

Seedorf e la remuntada. "La storia siamo noi"

Tutto congiura contro il Milan. Precedenza assoluta al risultato dell'andata, 0 a 1: è capace di stroncare le gambe di grandi armate. Nemmeno al Milan eroico di Sacchi o a quello di Capello, collezionista di finali, riuscì mai di ribaltare nel ritorno una sconfitta rimediata all'andata a San Siro. Poi la modestia delle sue ultime esibizioni al cospetto della cavalcata dell'Atletico rimasto orgogliosamente nella scia del Real Madrid: spazzato via il Celta dalle stoccate di David Villa, balbettato calcio dai ragazzi di Seedorf nel viaggio a Udine, con una squadra completamente diversa d'accordo, un po' di errori sotto porta e poi una ripresa fiacca, disarmante. Infine il clima dello stadio Calderon, infiammato dall'iniziativa dei calciatori spagnoli che hanno investito di tasca propria 25 mila euro per dotare i tifosi di bandierine con cui allestire una suggestiva coreografia: per resistere in quella bolgia non c'è bisogno solo di tecnica, ci vogliono anche coraggio e cuore, dotazione superflua solo per alcuni veterani, molti sono i debuttanti in sfide che valgono una pagina di storia.

Adriano Galliani, che ha sempre al seguito un album dei ricordi da cui cogliere qualche eccitante paragone, è sbarcato a Madrid con una data e una partita nella testa: aprile del 2007, viaggio a Monaco di Baviera, per ribaltare il 2 a 2 dell'andata col Bayern. Finì 2 a 0 per il Milan, sigilli di Inzaghi e Seedorf e fu uno squillo di tromba verso la finale di Atene. «É una impresa molto difficile ma ci proviamo» la sua espressione figlia di un ottimismo moderato. D'accordo, altra squadra quella (c'erano il miglior Kakà e Pirlo), altro allenatore (Ancelotti) quello, un rivale di identico spessore, il Bayern, uno stadio, l'Allianz arena, che incuteva terrore ma che non fece tremare le gambe di gente come Oddo e Jankulovski, non proprio Tassotti e Maldini insomma. L'analogia autentica è il cammino in campionato: quel Milan fece cilecca partendo dal famoso -8 di calciopoli prima di riscuotere la gloria davanti all'Acropoli.

L'Atletico non è il tipo di squadra capace di scoprire le spalle nel tentativo, generoso, di chiudere la sfida al più presto e mettere il Milan in castigo, dietro la lavagna. No, non gioca così, lo ha raccontato con dovizia di particolari proprio Carlo Ancelotti: pratica un calcio essenziale e spietato, punta sull'errore del rivale, concentra il maggior numero di uomini ed energie nel pressing a centrocampo per poi far scattare la lama di Diego Costa, l'implacabile eversore di San Siro. «Anche allora, nel 2007, tirammo fuori delle energie che non c'erano» ha rammentato Seedorf. «Chi gioca nel Milan sa di poter scrivere la storia, questa è una delle occasioni, la qualificazione è ovviamente aperta» l'altra frase dell'olandese. Riuscisse a contagiare, con le sue sicurezze, metà dello spogliatoio milanista, forse sarebbe già a metà dell'opera. Che ha bisogno, per essere completata, di qualche magia per invertire la rotta oltre che la tendenza degli ultimi mesi: mai un colpo d'ala fin qui, al cospetto di una grande (Napoli, Atletico e Juve tutte con lo stesso segno negativo), pur nel generale consenso per la qualità del gioco espresso che in un paio di snodi è apparso di ottima fattura. Pensate a un paio di nomi e non vi sbaglierete di certo: Balotelli e Kakà.

I grandi campioni hanno intrecciato il loro destino con le sfide epiche: il brasiliano stregò l'Old Trafford, Inzaghi incantò la Baviera e tutta la Grecia nel 2007. Ricky, all'andata, finì contro la traversa. Mario, condizionato dai dolori alla spalla destra, deve misurarsi con un altro tabù: in Champions non ha ancora regalato al Milan una notte da incorniciare. Simeone è di avviso diverso. Ha predicato prudenza, si è nascosto come il borseggiatore dietro l'angolo, ha chiesto ai suoi di spalancare gli occhi su «Taarabt, Poli, Emanuelson», ignorando gli altri due. Non sarà facile coglierlo di sorpresa. Perciò c'è bisogno, a dispetto dei ricordi, di un vero miracolo. Un miracolo alla Milan. E di un gruppo unito.

Testimoniato dalla presenza di Montolivo (nonostante la squalifica) e di Barbara Berlusconi, arrivata ieri sera a Madrid.

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