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Semplicemente Dovizioso Non è un miraggio nel deserto

Dovi, lezione a Marquez. Rossi 3°. Le fatiche diverse di Andrea e Vale: uno per emergere, l'altro per restare

Semplicemente Dovizioso Non è un miraggio nel deserto

È un'Italia che sembra un po' Spagna quella emersa nella notte del Qatar. E nello sport è sempre complimento grande e grosso. È un Dovi che sembra persino un po' Marquez da quanto sembra venirgli tutto facile. Invece la somiglianza è solo un miraggio figlio del deserto del Qatar perché Dovizioso è per natura imparagonabile ed è sempre e solo il Dovi. Cioè umanità prestata al motociclismo; umiltà affittata al mondo che corre; il pilota della porta accanto; il campione di normalità. Basta scegliere, è ricco e in continua evoluzione il vocabolario delle definizioni nutrito da questo giovane uomo che fra quattro giorni compirà 32 anni. Anche se il Dovi è ora soprattutto sinonimo di vittoria: la settima dell'anno solare e la prima stagionale in sella alla sua Ducati, lui italiano che vince con italiana. Una rossa desmodromica che non ha imbarazzo a considerare sua «all'80%» per tutto il lavoro svolto in questi anni; una rivendicazione di paternità che sul momento lascia increduli. Solo che poi gli si crede eccome, non appena il compagno Lorenzo si fa risucchiare nelle paludi del centro classifica, finendo nella sabbia per un problema ai freni e senza essere mai stato veramente in gara.

Un'Italia che in MotoGp stravince con Andrea Dovizioso davanti a Marquez grazie a un magico incrocio all'ultima curva e s'illumina con l'eterno Valentino alla fine terzo. Un'Italia che poco prima aveva emozionato in Moto2 con Bagnaia e Baldassarri primo e secondo e che adesso, proprio per il modo in cui è iniziato questo mondiale, può illudersi di assomigliare meravigliosamente alla Spagna dello sport. Un'Italia, soprattutto, che si presenta con due straordinarie punte così diverse fra loro per storia, stile, vita, dal finire con l'assomigliarsi, accomunate come sono dalla stessa fatica. Perché il Dovi suda e lotta per ottenere ciò che per troppi anni gli era stato negato: la consacrazione a campione e la considerazione che ne segue; e il Vale suda e lotta per mantenere ciò che per tanti anni era stato solo suo: lo scettro del più grande.

Infatti celebriamo ogni gara di Andrea con stupore, quasi ancora non ci fidassimo della sua costanza. Come ieri quando, partito male, è rimasto a lungo lontano e dietro uno sciame di piloti vogliosi e pericolosi benché la sua attesa fosse solo strategica. Eppure, alzi la mano chi non ha pensato almeno una volta vuoi vedere che ha pasticciato...? Dovi costretto a sudare per dimostrare sempre qualcosa perché condannato dall'ignoranza di noi tutti che l'abbiamo snobbato a lungo e ancora non lo conosciamo. Così come Vale è invece condannato a trionfare e stupire perché un podio non basta al popolo dei suoi fedeli che ne ha conosciuta la grandezza. Meno male che in Qatar ci ha pensato lui con una battuta a ricordare che razza di impresa sia stata la sua contro Dovi, Marquez, Ducati e Honda: «Il rinnovo fino a 41 anni? Yamaha ha detto sì per rispetto verso gli anziani...

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