Russia 2018

Senza l'invasione italiana Mosca è la capitale del Perù

Il made in Italy in tutte le vetrine, ma i nostri tifosi a casa I più numerosi arrivano da Lima dopo 36 anni di assenza

Senza l'invasione italiana Mosca è la capitale del Perù

Dal nostro inviato a Mosca

Ci sono due cose che colpiscono girando per le vie di Mosca. Almeno nel centro, nelle vicinanze della blindatissima piazza Rossa. Le strade ripulite da tutto e da tutti: zero mozziconi di sigaretta a terra, zero clochard ai bordi delle strade. E poi i peruviani. Tanti, tantissimi. Una presenza che non può passare inosservata, così come l'assenza dell'Italia. E' come se trentadue anni dopo si chiudesse un cerchio, si consumasse un passaggio di consegne. Di solito sono i tifosi azzurri i più caciaroni, ma consumata l'apocalisse dell'accoppiata Ventura-Tavecchio stavolta il riconoscimento va al popolo della Blanquirroja. Che ieri ha animato anche il trasferimento a Saranska, dove oggi contro la Danimarca festeggia il ritorno al mondiale dopo trentasei anni. La penultima partita in coppa del mondo prima di oggi è il pareggio con l'Italia, l'uno a uno in quel di Vigo che rischiò di innescare uno psicodramma italiano, prima dell'estasi di Madrid.

Il Perù è l'ultima squadra ad essersi guadagnata il pass per la Russia battendo la Nuova Zelanda nello spareggio intercontinentale. L'Italia invece ha mancato il playoff. La voglia di mondiale dei tifosi con la maglia bianca e banda diagonale rossa è contagiosa, al punto di moltiplicare all'ennesima potenza la reale presenza peruviana. Sembrano molti di più di quelli che sono, sorprendono la grigia Mosca.

Il contrasto mondiale tra Italia e Perù si consuma all'ombra del Cremlino. Le vetrine sono un inno al lusso dei marchi tricolori che la fanno da padrone. C'è un'Italia che in Russia ci è andata da tempo, con una sola eccezione: tra le auto che scorrazzano sui vialoni a sette corsie di marcia, non c'è traccia del Belpaese. Il mondiale è anche azzurro: commentiamo le partite degli altri, Carlo Ancelotti addirittura per una tivù messicana, fischiamo e siamo protagonisti al Var con tre rappresentanti. Per il resto guardiamo.

La Russia per l'Italia è off limits in questo anno mondiale: a zero anche i turisti culturali in arrivo dallo Stivale, raccontano le guide locali. Effetto da coppa del mondo, che fa schizzare i prezzi e invita a presentarsi a Mosca in altro periodo. Almeno ci si evita il benvenuto dell'Ikea: primo e ultimo segnale occidentale quando si entra oppure si lascia la capitale russa. Il grande magazzino scandinavo è sorvegliato da un gigantesco murales di un soldato russo per celebrare la vittoria della seconda guerra mondiale: decorazione poco originale di un palazzo residuo dell'Urss. Ma per un italiano il colosso del mobile richiama la Svezia, una rima stonata per gli azzurri nella notte di San Siro: è come riaprire la ferita di una mancata qualificazione. Tutti hanno detto che l'Italia manca al Mondiale, è solo fiele.

E nell'intreccio italiano-peruviano proprio da una nazione scandinava riparte la Blanquirroja: contro la Danimarca stasera ci si gioca subito una carta pesante per pensare di andare agli ottavi. Squadra vera che nelle qualificazioni aveva spinto a un passo dall'eliminazione l'Argentina. In attacco un barbaro dopato, tal Paolo Guerrero che ci sarà nonostante il vizio di un thè corretto alla cocaina. Ma grazie anche a una lettere dei capitani delle nazionali rivali del girone (Francia e Australia, le altre) la squalifica di 14 mesi è stata congelata. Il Perù gioca con il suo barbaro, l'Italia guarda.

Trentasei anni dopo il mondo è ribaltato.

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