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Senza Nibali e Aru i nostri non stonano ma l'Italia perde anche l'ultima squadra

A Conti e Brambilla 2 tappe. Allarme in World Tour: Saronni ora è cinese

Pier Augusto Stagi

Quintana da applausi. Glieli ha fatti persino Chris Froome, che ieri, nell'ultima tappa montana prima della passerella di oggi sulle strade di Madrid, ha provato in tutti i modi di togliersi di ruota il colombiano, ma alla fine ha dovuto riconoscerne con grande sportività la superiorità. Quintana si vestirà oggi di rosso portandosi a casa il secondo Grande Giro della carriera dopo il Giro d'Italia del 2014 e due podi ottenuti al Tour de France. Froome applaude, Quintana festeggia: con moderazione, senza esagerare, con modi più british che sudamericani. Terzo Esteban Chaves, il colibrì colombiano che quest'anno aveva già chiuso il Giro alle spalle di Vincenzo Nibali.

Buona la Vuelta degli italiani. Orfani di Vincenzo ancora convalescente per la frattura alla clavicola rimediata nella maledetta corsa olimpica di Rio, abbiamo dovuto fare a meno anche di Fabio Aru ultimo vincitore di Spagna, che si sta concentrando per un grande finale di stagione. Siamo arrivati qui con le seconde linee, ma siamo stati ugualmente protagonisti, a dimostrazione che il ciclismo italiano almeno in materia di corridori è sano e vegeto. Due vittorie di tappa con il giovanissimo Valerio Conti e il sempre più affidabile e concreto Gianluca Brambilla. Bravissimo Fabio Felline e poi due corridori nella top ten finale: Michele Scarponi ha chiuso al 7° posto e Davide Formolo 10°. Insomma, non male.

Il futuro per il ciclismo italiano non sarà né semplice né facile: soprattutto per i team. Corridori di buona fattezza ce ne sono, squadre sempre di meno. La massima serie del ciclismo è data dal World Tour, diciotto le formazioni di primo livello che hanno il diritto-dovere di correre tutte le più importanti corse del mondo. L'Italia, fino a quest'anno ne aveva una: la Lampre-Merida di Beppe Saronni, campione del mondo di Goodwood e vincitore di due Giri d'Italia, grande protagonista negli Anni Ottanta con Francesco Moser e da quasi 25 anni apprezzato team-manager.

Per il prossimo anno - proprio il team di Saronni - è stato però scelto da investitori cinesi. «Al momento potrebbe chiamarsi Tj-Lampre, anche se il primo nome verrà definito più avanti», spiega lo stesso Saronni, che potrebbe tornare a formare quel sodalizio sportivo con Ernesto Colnago, impareggiabile costruttore di biciclette, che del corridore di Parabiago fu anche il mentore oltre che il padre sportivo. Saronni ha recentemente spiegato il progetto cinese. «Hanno un obiettivo ben preciso: rimettere i cinesi in bicicletta. Dovunque vai ci sono fiumi di macchine, troppe. Devono risolvere i problemi dell'inquinamento e noi facciamo parte di un progetto molto più ampio e complesso».

La Lampre-Merida diventa cinese, Vincenzo Nibali il pezzo pregiato della nostra argenteria andrà a correre per il Bahrain del principe Nasser bin Hamad Al Khalifa. Fabio Aru resta con i kazaki dell'Astana. Il ciclismo italiano è miniera di corridori e talenti, ma non più di squadre. Avremo solo quattro professional, formazioni di seconda divisione (Bardiani Csf, Androni Giocattoli, Nippo Vini Fantini De Rosa e Wilier, ndr): e cara grazia che ci sono. Siamo stati fucina di talenti immensi e maestri nella costruzione di team: dalla Salvarani alla Mapei.

Oggi ci restano i corridori, ma un po' come per il Paese reale, anche il ciclismo deve provare a tornare a fare squadra.

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