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Solito spreco Armani, rivince Sassari Dopo 19 anni coppetta ancora stregata

Si allarga il pubblico della tv, si allunga l'età dei pugili I match del secolo sono epica non slot machine d'affari

Solito spreco Armani, rivince Sassari Dopo 19 anni coppetta ancora stregata

Capolavoro Sassari. Se il suo grande allenatore Sacchetti non fosse così pesante lo porterebbero in trionfo in Sardegna. La sua Dinamo vince la seconda coppa Italia consecutiva e la sua vittima grande, per la seconda volta, è l'Emporio Armani dei gattini che con certi atteggiamenti lasciano spesso il loro zampino nelle trappole dei nemici. Sassari strepitosa, vincente (101-94), trascinata dal trio Logan (25 p.), re di coppe, MVP del torneo, Dayson (27), Sanders (20), ma non soltanto loro. Stupendo Brooks l'uomo dei lucchetti, bravissimo Lawall, importante Brian Sacchetti, il figlio di Meo che è davvero un sesto uomo di lusso, da Nazionale se il Pianigiani in tribuna sa leggere le facce dei giocatori.

Milano nell'inferno, come troppe volte e adesso sembra davvero che dentro ci sia un male incurabile. Ha lottato Hackett, si è battuto Ragland, Brooks ha fatto ricami, ma era un buco difensivo, Melli soltanto alla fine, Samuels fuori gioco, Gentile non pervenuto. Una storia già vista e questo farà malissimo, ancora di più della figuraccia europea.

Sfida eterna fra duellanti che hanno l'anima dello scorpione: hanno il veleno nelle mani, ma spesso si pungono da sole. L'Emporio lo fa subito anche perché Sassari ha il fuoco dentro: 7-0 iniziale per la Dinamo, tutto funziona e l'avversaria sembra subire senza avere l'anima giusta per una battaglia. La scivolata sembra decisiva: 21-33 al primo intervallo.

Logan è un tarlo nella testa della difesa milanese, ma quando cominciano a calare le percentuali e da sotto Sassari non vede più il canestro, emergono i tentacoli del James. Brooks trova il suo ritmo, Sassari comincia ad esagerare, perde brillantezza, umiltà, si ritrova l'Emporio a 6 punti, addirittura a 2 quando mancano 8 centesimi e soltanto una prodezza volante di Lawall su una rimessa ben costruita per un tiro al volo fermano il punteggio di metà gara sul 47-51.

Finale in mano a Penelope. Milano cuce la sua tela torna ad 1 punto, ma poi disfa. Fugge di nuovo Sassari, arriva a più 13, ma poi Milano reagisce con un parziale di 9-0. Alla terza sirena cuori in gola e 66-77 per Sassari. L'ultimo quarto è il capolavoro del sistema Sacchetti, Milano viene toreata, subisce oltre 100 punti (94-101) come non accadeva in una finale dal 2004.

Basta sputar soldi dalla slot machine affaristica e diventa il match del secolo. Poi sul ring non sempre i pugni valgono i danari. Siamo al nuovo incontro del secolo, per fortuna appena iniziato, magari ci ridurremo a quello del decennio ma l'americano Floyd Mayweather junior e il filippino Manny Pacquiao promettono di essere il meglio presentabile sul ring. Anche se le età....quelle ci dicono che la boxe è sempre più antica, ma anche sempre più vecchia. Boxe dei nonni, appuntamento il 2 maggio al Mgm di Las Vegas quando Mayweather avrà 38 anni (li compie domani) e Pacquiao ancora 36. Poi, certo, il contorno di milioni di spettatori tv e milioni di dollari li farà sentir più giovani. Mayweather figlio di una famiglia della boxe: Floyd, Roger, Jeff, Justin Jones e Floyd jr. tutti finiti sul ring. Il filippino capace di guadagnare 7 titoli in 7 diverse categorie e pugile della decade dal 2000 al 2009. Quindi gente di valore, anche se Pacquiao è in decadenza. Ma non è più la boxe nella quale i match del secolo impegnavano soprattutto pesi medi o massimi (questi sono sostanzialmente welter) e difficilmente i pugili sommavano quasi 80 anni nell'età. I dollaroni non nascondono la crisi di pugni d'oro, al massimo diventano dorati.

In altri tempi tutto valeva per creare l'atmosfera, oggi basta la tv che stavolta pagherà 400 milioni di dollari: 200 per le borse. Per esempio, il primo match riconosciuto “del secolo“ è stato lo scontro fra il nero e odiato Jack Johnson e James Jim Jeffries imbattuto campione dei bianchi, a 35 anni richiamato a gran voce sul ring. Allegorica, ma non tanto, battaglia fra bianchi e neri. Johnson, 32 anni, era il primo nero campione dei massimi e a Reno (Nevada) il 4 luglio 1910 la battaglia finì con il suo successo per ko al 15° round. Se poi vogliamo tornare all'epica, ovvero al primo match internazionale, bisogna rifarsi ai 42 round, interrotti dalla polizia dopo due ore e 20 minuti di match, fra il colosso campione d'America John “The Benicia Boy“ Heenan e l'inglese Tom Sayers, campione in carica, battezzato il Napoleone del ring. Il 15 aprile 1860 a Faraborough, in Inghilterra, Sayers andò al tappeto 25 volte, ma Heenan ebbe gli occhi praticamente accecati dai colpi maligni dell'inglese. Finì in pareggio.

Match epici come lo sono stati quelli fra Jake La Motta e Sugar Ray Robinson (che chiuse la carriera a 45 anni), dove pesava il valore dei pugili e l'età consumava i match nel pieno delle potenzialità atletiche. E così nelle sfide fra Joe Frazier e Muhammad Alì. Alì aveva appena scavallato i 30 anni, come nel mondiale di Kinshasa dove vinse per ko all'8° round contro il giovane e aitante George Foreman. Il match dello Zaire è stato il primo grande esempio di nuova era pugilistica, inventata dall'astuto Don King, dove si mischiavano business, politica e connotazioni sociali. Big George, poi, diventerà un'icona della boxe che non finisce mai, andando a riconquistare il mondiale massimi a 46 anni, sconfiggendo Michael Moorer per Ko.

La sfida fra Joe Louis e Max Schmeling ha fatto epoca per ragioni storiche: pro e contro il nazismo. Quello fra Marvin Hagler (allora 33 anni) e Sugar Ray Leonard (31 anni) è stato un racconto di boxe con tutti i dubbi che non si sono mai dissolti sul successo di Sugar Ray. Non eravamo più ai tempi delle folle oceaniche. Per esempio quelle che seguirono i due mondiali massimi fra Gene Tunney e Jack Dempsey: 120.757 mila spettatori a Filadelfia il 23 settembre 1926 e 104.953 l'anno dopo al Soldier Field di Chicago.

Questi decenni hanno allargato il pubblico televisivo e allungato le età: Evander Holyfield è stato un nonnetto indomabile. Mike Tyson è invecchiato male e il famoso morso tirato a Evander ha fatto storia. Ma non la storia della boxe. Lennox Lewis è stato un altro campione duracell, come Bernard Hopkins, re del mondo dei medi a 40 anni. Oggi imperversa Vladimir Klitschko, campione massimi a 38 anni. Con Mayweather e Pacquiao andiamo tranquilli: promettono di far saltare tutti i primati di incassi....nei secoli.

Per l'epica meglio attendere.

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