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Juve e Inter mai così lontane. Non solo in classifica

Ventitre punti di distacco, un record che fotografa le differenze attuali tra i due club

Juve e Inter mai così lontane. Non solo in classifica

Mai così lontane. Mai così lontane nel giorno in cui si incrociano sul campo. Ventitrè punti tra Juve e Inter sono una voragine mai toccata. Naturalmente si parla solo di girone di ritorno. Una distanza che, nell'epoca dei due punti, sarebbe stata quasi conclusiva tra una squadra in testa al campionato ed un'altra in lotta per non retrocedere.

Juve e Inter mai così lontane è un refrain che suona male anche per il nostro campionato. Eppure non lo dicono solo i numeri e la classifica. Lontane perchè Agnelli è un presidente con stilizzazione ultrà e Thohir sembra un extraterrestre rimasto su Marte, perchè la Juve ha una società efficiente e l'Inter si sta ricostruendo, perchè Conte è un allenatore vincente e in odor di rinnovo fino al 2018 e Mazzarri vince solo con gli alibi e non sa quanto durerà, perchè la Juve ha costruito una squadra con valori certi e con un gruppo di giocatori di valore e, invece, l'Inter annaspa su tutto il fronte. Poi appunto quel “meno 23“ che fa impressione, trattandosi solo della ventiduesima giornata. La gestione Stramaccioni pareva scandalosa: eppure l'Inter si trovava “solo“ a un meno 15.

Per ritrovare simile, disastroso, faccia a faccia bisogna tornare al primo Moratti (sarà bene augurante oppure no per Thohir?) quando l'allenatore in panchina era Ottavio Bianchi, pure lui un ex Napoli non proprio gradito al presidente subentrato a Pellegrini da nemmeno un mese. Stessa giornata di campionato (22ª), primo anno dei tre punti e 20 punti di differenza. L'Inter giocò la sfida con Pagliuca in porta e, vista a posteriori, non erano tanti i giocatori migliori rispetto agli attuali: Jonk e Bergkamp (in nerazzurro disastroso), Bergomi, Orlando, Festa e Paganin in difesa, Berti e Seno a centrocampo, Fontolan, Delvecchio e Pancev attaccanti con Dell'Anno panchinaro. In rosa si aggiungevano Manicone, Ruben Sosa, Alessandro Bianchi. La Juve era certo più qualificata, non a caso l'anno seguente avrebbe vinto la Champions. Allenata da Marcello Lippi, Conte con la maglietta da centrocampista ma che evitò lo scontro diretto. Quel giorno (5 marzo 1995) c'erano Peruzzi, Ferrara, Torricelli, Carrera, Kholer in difesa, Marocchi, Paulo Sousa e Deschamps a centrocampo, Vialli, Del Piero, Ravanelli in attacco. Eppoi Di Livio, Porrini, Fusi, Roberto Baggio.
Da allora c'è stata alternanza di alti e bassi per l'una o l'altra, distacchi meno imbarazzanti, addirittura una situazione di equilibrio nel campionato 2002-2003, entrambe a 48 punti.

E oggi siamo ritornati ad un mondo e ad una rivoluzione fa.

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