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La squadra non si allena ma rinvia la messa in mora

Lucarelli: "Adesso dobbiamo salvare la società Traditi da tre presidenti e la Figc si accorge ora..."

Parma - I giocatori sono la parte più pulita nel crac del Parma. Danno una bella lezione al calcio italiano, rinunciano alla messa in mora per il bene della società, per tentare di salvarla, sperando che arrivino soldi veri perchè Giampietro Manenti è ricco solo di parole. Avrà pure un piano da paura, come sosteneva due giorni fa, ma per il momento non è realizzabile perchè l'hanno lasciato tutti. Dalla Russia e/o dall'Ucraina non arriva un euro, altro che 50 milioni. Ovvero metà del deficit del club crociato. Se i problemi fossero di embargo internazionale, si potrebbero far affluire quotidianamente almeno cifre simboliche, come segnale. Purtroppo per i tifosi crociati aveva ragione l'ex presidente del Brescia Corioni: «E' impossibile che il passaggio di proprietà vada a buon fine, con Manenti».

In realtà questo milanese di Toscana, abitante a Monsummano, nel Pistoiese, è diventato plenipotenziario del Parma con il prezzo di un caffè, un euro. Ed è visionaria la sua strategia di bussare a denari nel mondo semplicemente perchè è al vertice di una delle 7 sorelle della serie A o perchè i prodotti enogastronomici della zona sono di prim'ordine. A Est non sono stupidi, nessuno butta decine di milioni per una società agonizzante, solo perchè in bacheca ci sono 8 coppe conquistate fra il '92 e il 2002, anche grazie agli artifici contabili della Parmalat. La storia si ripete, con una differenza. All'epoca il dg Luca Baraldi fu abile a inserire la società nelle pieghe della legge Marzano, evitando il fallimento, stavolta non ci sono alternative. Servirebbe un ricco vero, uno che entro un mese metta a bilancio almeno 30 milioni, da distribuire fra tesserati e creditori.

Manenti è abbandonato anche dalla socia, l'immobiliarista carrarese Maria Isabella Camporesi: «Al Brescia o alla Pro Vercelli ci sarei stata, per il Parma ha cambiato le carte in tavola».

In fondo basta guardare la sede della Mapi grup (scritta proprio così, come si pronuncia), a Nova Gorica, per capire che il gruppo non è significativo: la targa è trascurabile, in una casa privata, e al campanello risponde con imbarazzo una signora dall'italiano incerto; e lassù a nordest, appena oltre Gorizia, nessuno sloveno conosce la Mapi.

Fa specie che il gruppo Barilla e il consorzio Prosciutto di Parma non siano mai intervenuti, 13 anni fa come oggi. «I grandi imprenditori ducali non mi hanno mai aiutato», ci confessava Tommaso Ghirardi a novembre, al momento di chiedere 20 milioni per evitare i 3 punti di penalizzazione. A proposito, l'ex presidente nega di essere indagato per la falsa firma di un documento da un milione di euro. Ghirardi si sente tradito dall'albanese Taci, risponde per sms ed è inseguito dagli insulti dei tifosi sui social network e dalle minacce telefoniche. «Pagherò», diceva a tutti, ma ai giornalisti faceva credere che fosse tutto a posto. «Sono sette mesi che viviamo in un film - spiega il capitano Lucarelli -. Dispiace che la Figc si sia svegliata adesso. L'ex presidente ci ha lasciati soli, mentre Taci non si è mai visto». Manenti è presentissimo, ha fatto passerella sui media, all'Olimpico, a Collecchio. Ieri mattina al cda del Parma era solo e anche per questo è stato rinviato, poi ha parlato alla squadra. Pure il sindaco Pizzarotti lo sbugiarda: «Non vedo garanzie bancarie. Le parole non pagano i conti, il vaso è colmo. Comunque stiamo monitornado la situazione e lo sta facendo anche la Figc».

Quando ormai sta per saltare tutto.

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