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Carlitos&Maurito, il derby d'Italia è un tango

Cambiano i tempi ma ballano sempre loro, gli argentini artisti del pallone

Carlitos&Maurito, il derby d'Italia è un tango

È sempre una storia argentina. Non abbiamo Messi e nemmeno Aguero o Di Maria ma possiamo accontentarci con Higuain che lancia il Napoli e poi Tevez e poi Icardi, tutta roba di pampa e di football, gente che con il pallone ci mangia da bambino, non appena vede una porta sa che cosa si debba fare. E' storia di sempre e da sempre, Sivori e Angelillo e Maschio, i tre angeli dalla faccia sporca, cambiano i tempi, le squadre ma non gli attori e la loro terra di origine.

Non ho detto Maradona perché lui, Diego Armando, sta con gli angeli veri, nel più alto dei cieli. Mai hanno tradito, al di là di vizi privati, oggi privati fino a un certo punto visti i reportage e i selfie di Maurito Icardi che una ne fa e cento ne combina. Una ne fa nel senso che non appena vede una maglia bianco e nera, cioè Juventus, si rianima dalla pigrizia e piazza il colpo, Buffon deve giacere come gli era già capitato in passato. Se Icardi ha le voglie quando gioca contro la Signora, il suo compatriota Tevez ha scoperto la prima volta ieri sera, un gol rapace e rapido, su un'idea artistica di Vidal e poi tante altre cose, del suo repertorio, uno che non si arrende mai, uno che ha già detto che tra un anno e mezzo saluterà la comitiva e la serie A tutta e a trentadue anni lascerà l'Italia, non credo il football. A differenza di un altro 10 bianconero non andrà né in Australia né in India, il calcio è una cosa seria, i mercenari sono facilmente smascherati.

Tevez e Icardi, dunque, argentini diversi, per stile, fame e fama. Tevez è venuto alla Juventus, passando ma non fermandosi al Milan, per colpa di Pato e la sua orchestra che invalidarono il progetto di Galliani. Marotta lo ha preso per 9 milioni che sono nulla in confronto ai 30, in lettere trenta, richiesti dall'Inter per Icardi. Sono questi gli scherzi e le follie del calcio, soprattutto quello nostrano che crede ancora di vivere sull'isola del tesoro ma finge di non sapere di essere alla deriva. Di certo la partita di Torino, televista nel resto del mondo, ha offerto le solite volgarità nostrane, fumogeni, bombe carta, insulti. Il gioco? Roba piccola, per fortuna gli argentini, come era già capitato nella finale di Doha, hanno provveduto a verniciare una casa popolare. Il resto è roba a disposizione di Antonio Conte di cui a Torino, vista l'attuale condizione (e preparazione) fisica dei suoi ex dipendenti, qualcuno dovrà prima o poi pentirsi.

Auguri vivissimi.

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