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Superman Nole fa settebello e sogna il Grande Slam

Djokovic e il 7° Australian Open: «Spero che mio figlio abbia visto me e non il suo eroe preferito...»

Superman Nole fa settebello e sogna il Grande Slam

«Sette vittorie a Melbourne, 15 Slam», «Mica male, no?»: è giù una grassa risata. «Lo dici come se fosse una cosa così...». Mezzanotte in Australia, Novak Djokovic affronta la domanda in sala stampa come ha appena fatto con Nadal in campo: distruggendola.

Altra domanda: il Grande Slam è possibile? Ieri Djokovic ha provato a fare il modesto, ma poi si è ricordato che gli Australian Open sono il terzo major di fila che vince e che in fondo manca solo Parigi per fare quantomeno il giro del calendario: «Lì però c'è Rafa, è un ostacolo abbastanza alto». Può darsi, però «Forse dovrei assumere Rod Laver...».

Tutto può succedere: il Djokovic di un anno fa quando in Australia fu protagonista di uno dei tanti ritiri di un periodo rovinato dal gomito malato ne è la dimostrazione. Ma, diciamolo: chi può fermarlo? Dice lui: «Il fatto che abbia concesso solo un punto nei primi 5 turni di servizio e il fatto che abbia commesso 15 errori gratuiti tra semifinale e finale sono statistiche vicine alla perfezione».

Riassumendo: Novak Djokovic era numero uno del mondo fino al suo primo Roland Garros nel 2016. Poi la testa e il gomito hanno inceppato il robot, ma il primo grande infortunio della sua carriera ha restituito l'uomo. La vittoria di Wimbledon 2018 ha riacceso il motore, il trionfo a New York il fuoco, ecco il nuovo dominio. Risultato: Djokovic batte Nadal 6-3, 6-2, 6-3 in poco più di due ore. Qualcuno ha scritto: indjokabile. A Melbourne 2019, l'anno decisivo.

Il Grande Slam, dunque, è possibile? «Posso dirvi, a rischio di sembrare arrogante, che ho sempre creduto in me stesso e che se un anno fa mi aveste detto che avrei vinto gli ultimi tre major avrei detto che era difficile ma non impossibile. I 20 titoli di Federer? Un po' lontani, ma non troppo». Tanto vicini che l'unico problema alla fine era lontano migliaia di chilometri: «Dedico questo successo alla mia famiglia, voglio salutare mia moglie e i miei figli, spero che mi abbiano guardato. Almeno così mi avevano detto, mi auguro che mio figlio Stefan non abbia preferito anche questa volta Superman».

E in effetti perché avrebbe dovuto: c'è l'ha in casa.

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