Russia 2018

La Svezia dal Gre-No-Li a Ibra non è soltanto un biscotto amaro

Gli scandinavi hanno portato spettacolo e maestri nel calcio italiano. E Zlatan ci rinfaccia la beffa: "Per voi è un alibi"

La Svezia dal Gre-No-Li a Ibra non è soltanto un biscotto amaro

I biondi svedesi e le bionde cavallone sono sempre stati una passione per gli italian(i/e). Un po' meno i biscotti. Evviva, ogni volta non ci par vero di rieditare quel biscotto che mise fuori dagli europei 2004 la nazionale di Trapattoni. Così fan tutti, da quel giorno osa dire il calcio nostro che, nelle patrie mura, si è allenato alla bisogna. Furono Danimarca e Svezia a giocarsela con un 2-2 che oggi Ibrahimovic ci rinfaccia: «Solo scuse e alibi per giustificare l'eliminazione. Fu una partita a viso aperto, non lo avrei permesso: va contro i miei principi». Prendete e tenetevi sul groppone anche questo rinfaccio. Ibra lo conosciamo, non ama essere contraddetto.

Quindi cambiamo pagina: calcistica. Italia e Svezia odi (poco) et amo (tanto). Come dimenticare i meravigliosi giocatori che sono passati dalle nostre parti: il famoso trio Gre-No-Li, Jeppson super pagato dal Napoli e Skoglund artista della follia, eppoi mettiamoci l'uccellino Kurt Hamrin e Bengt Lindskog che lasciò il posto a Suarez Non ci siamo dimenticati del cavallone Stromberg e del poderoso Corneliusson, aggiungiamo Hysen e Brolin, Thern e Dahlin fin all'ultimo Ibrahimovic. Sono stati tanti, una bella colonia, molti ci hanno fatto divertire, qualcuno soffrire: in genere danari mai spesi male.

Certo, la Svezia ci piace non solo come terra. Anche come nazionale: belli tosti, alla fine ci hanno lasciato spesso il passo. Si dice: l'azzurro soffre il loro fisico e la loro fisicità. Vero, ma quando c'erano artisti e giocatori di qualità Dice il conto che i successi sono 11 a 6 e sei i pareggi. E se l'ultima sfida ricorda il gol di Eeder che lasciò via libera all'Italia di Conte, agli Europei 2016, il dente duole nei primi ricordi, anni cinquanta. Anzi, mondiale 1950. Perché se dici Jeppson, poi torni a quella trasferta in terra brasiliana, a bordo di una nave dove andarono persi tutti i palloni per l'allenamento finiti in mare uno per uno. Brutto segnale, eppur in una sosta alle Azzorre l'Italia aveva fatto allenamento-spettacolo. Non ce ne fu contro la Svezia di Palmer, Skoglund e Jeppson che si prese gioco di Parola. Finì 3-2 e fu un pianto all'italiana. Perché non bastò battere 2-0 il Paraguay per passare. Ma è anche vero che la Svezia non batte l'Italia dal 1998, peraltro in amichevole a Goteborg. E che qualche lasciapassare narrò la buona novella. Nel mondiale 1970, a Toluca si celebrò la prima vittoria del torneo: 1-0 per un gol di Domenghini che avviò la corsa verso la finale con il Brasile. E fu l'unica rete azzurra nella fase a gironi. Certo, poi fra i ricordi del non ti scordare della Svezia va messo quello del mondiale 1958: appunto si giocò in Svezia ma l'Italia nemmeno ci arrivò. Fu l'unica edizione in cui l'Italia venne eliminata nelle qualificazioni.

In qualche modo la Svezia ci fa (farà?) soffrire ancora. Però è anche vero che le reti di Di Biagio e Del Piero, nel giugno del Duemila ad Eindhoven, portarono Italia nostra a metter mano all'acceleratore per arrivare fin alla finale europea contro la Francia. E qui si fermano i buon i ricordi. Perché nel 2004 il gol di Cassano e il tacco di Ibra fecero lo spettacolo, il presunto biscotto raccontò la dannazione.

E oggi siam qui a dannarci ancora.

Ma per quel che eravamo e non siamo più.

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