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Tacchinardi graffia: «Meglio l'oratorio che le scuole calcio»

Mentre l'Italia si interroga sulle cause dell'aridità qualitativa espressa dal calcio negli ultimi anni e sulle possibili soluzioni per sfornare futuri talenti in chiave Nazionale, arriva una bordata alle scuole calcio da parte di Alessio Tacchinardi che ha raccontato la sua infanzia e i suoi primi calci al pallone: «Ho iniziato all'oratorio, un ambiente sano dove il pallone è prima di tutto divertimento, non come oggi dove le tante scuole calcio trattano ragazzini di otto, nove anni come se fossero già professionisti, eliminando quella parte ludica che per me è stata fondamentale». Così a Sportitalia l'ex centrocampista della Juventus e della Nazionale.

Insomma, trasformare il calcio da gioco a lavoro potrebbe essere frustrante per un bambino e portarlo ad allontanarsi dal pallone: «Quando giocavo nell'Atalanta - ha continuato Tacchinardi - l'allenatore non mi faceva giocare e quando giocavo mi criticava sempre, tanto che avevo quasi perso le motivazioni. Ho tenuto duro grazie ai consigli di mio padre». Poi il trasferimento alla Juve a soli 19 anni: «È stato come toccare il cielo con un dito». Anche perché non ha avuto un'infanzia facile: «La mia famiglia era piena di debiti e in estate andavo a lavorare per aiutare mio padre».

Un'esperienza che l'ha portato a crescere anche professionalmente. FSp

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