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È tempo di mandare in soffitta il gol fantasma

Adesso che la sfida, entusiasmante, tra Ju­ve e Milan si è conclusa con lo scudetto bianconero, si pos­sono riporre le polemiche e i veleni, e si può tornare a discu­tere di calcio, solo di calcio

È tempo di mandare in soffitta il gol fantasma

E adesso anche il gol fantasma di Muntari può tornare in soffitta. Adesso che la sfida, entusiasmante, tra Ju­ve e Milan si è conclusa con lo scudetto bianconero, si pos­sono riporre le polemiche e i veleni, e si può tornare a discu­tere di calcio, solo di calcio. Con questo epilogo che sembra scritto da un grande romanziere. E cioè con lo scudetto bianconero che arriva grazie al successo dell'Inter sull' odiato rivale Milan nel derby situato alla penultima tappa del giro calcistico italiano. Adesso si può dire che il succes­so della Juve risplende nella notte di Trieste, patria del pa­ron Rocco invocato come una sorta di protettore delle spe­ranze rossonere, e che segna il ritorno al successo di un anti­co e nobilissimo casato, caduto in disgrazia con calciopoli. Si può vincere anche così, con una squadra allestita con cu­ra, cominciando a fari spenti, senza avere l'onore del prono­stico, anzi sfruttando al meglio l'assenza di coppe, approfit­tando poi dello scivolone  del Milan (tra Fiorentina e Bo­logna persi 5 punti fatali) per piombargli davanti e tenere il co­mando fino a ieri sera prima del volo decisivo. Sono almeno tre le qualità fondamentali di questa nuova Juve che somiglia molto a quella di Lippi, la prima, metà an­ni novanta, tutta foga e talento, concentrati in pozione magica. Conte ne è il condottiero, capace anche mediaticamente di tenere il passo di un Mourinho, per esempio. Pirlo è l'archietto per trasformare gli schemi studiati a tavolino in un concerto. Alla lun­ga raccolti anche i gol sprecati in dose industriale. Con Borriello, Vucinic, i discussi bomber. Es­senziali alla fine risultano le moti­vazioni e la cattiveria messa in mostra dai bianconeri proprio nelle curve della loro stagione, quando la sequenza dei pareggi sembrò spalancare al Milan le porte del secondo scudetto con­secutivo.

E invece nella sera più attesa, quella del derby con l'Inter rilan­ciata a caccia di un terzo posto lontano, il cedimento dei rosso­neri è il segnale più inquietante lanciato dai campioni in carica. Escono di scena in modo molto mesto, con una sconfitta pesan­te. Prima sotto, poi improvvisa­mente al comando col solito Ibra, i milanisti si lasciano sopraf­fare, fisicamente e non solo, dall' astuzia e anche dalla salute interi­sta e dal cecchino Milito.

In una sera i Moratti boys ritrova­no quasi tutto, compreso qual­che geniale invenzione di Stra­maccioni che adesso può anche sperare in una riconferma a pie­no titolo. Sul petto porta il derby del ritorno e quel 4 a 2 che chiude la sfida tricolore. Lunga, appas­sionata e anche spettacolare.

Pie­na di tutto, acido muriatico ma anche tanto calcio. 

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