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Alonso, la Rossa e il futuro. Dal divorzio alla sceneggiata

Marchionne lo snobba: "Ferrari più importante di lui". Montezemolo lo ringrazia. E lui: "La decisione spetta al team, io so già cosa fare"

Alonso fermo un anno. È l'ultima voce dal paddock
Alonso fermo un anno. È l'ultima voce dal paddock

C'è un team che aspetta le mosse del pilota e un pilota che aspetta le mosse del team. Perché rompere il contratto con due anni d'anticipo è cosa sanguinolenta. E la Ferrari e Alonso lo sanno bene. Questione di penali milionarie. Per cui si fa guerra di trincea. Ma in trincea, a 300 all'ora, non è bello correre. Si finisce sbatacchiati qua e là e pieni di lividi. Nella fattispecie si chiamano danni d'immagine. Per la Rossa che non sembra più il paradiso a cui ogni pilota aspira, anzi un luogo da cui scappare; e per Fernando che a furia di aspettare rischia di perdere il treno Honda-McLaren, destinazione più probabile, o quello Red Bull. Non a caso, da ieri si parla anche di un anno sabbatico. Il che sarebbe follia per lui e per la F1 tutta. Tanto più che lo spagnolo freme per vincere e recuperare il tempo perduto in Ferrari.

Fatto sta, mentre Alonso non decide e la Rossa non decide, il presidente incaricato del Cavallino, Sergio Marchionne, in quel di Parigi, Salone dell'auto, si spazientisce e sbotta alla sua maniera: «La Ferrari è molto più importante di qualsiasi partner...». Quindi passa la palla al presidente uscente, Montezemolo: «È più bravo di me a fare la trattativa, troverà lui la quadra per i piloti». E visto che il suo predecessore lascerà la guida della Rossa il 13 ottobre, significa che la questione dovrebbe essere risolta prima. Si vedrà. Resta il fatto che le parole del numero uno del Lingotto sanno più o meno di messa alla porta dell'iberico. Nel senso: faccia quel che gli pare, noi abbiamo cose più importanti cui pensare e la Ferrari viene comunque prima.

Il che, fiero e permaloso com'è Fernando, non prelude certo a un prosieguo della liaison fra la Rossa e l'asturiano. Anche se lui, da Suzuka, fa sapere: «Non vivo su Marte, la tempesta c'è, ma qui dobbiamo trovare armonia e lottare in pista perché questa è la prima priorità... La seconda è il mio futuro: tutto quello che farò sarà per il bene del team». Sembra un'apertura. Anche perché aggiunge: «Io metto sempre l'interesse della squadra davanti al mio, e se c'è qualcosa di meglio che si può fare per la Ferrari sono pronto a qualsiasi cosa... La decisione spetta a lei». A cui segue però una chiusura: «Ho già deciso, so quel che devo fare e mi ritengo estremamente fortunato ad essere un pilota che può scegliere dove correre. Voglio vincere, sono fiducioso, sento di essere nel momento top della mia carriera, pronto a raccogliere i frutti nei prossimi anni e, spero, di ritirarmi un giorno con in tasca ben più dei due titoli che ho adesso». Parole che aprono e chiudono, parole per rimandare la palla di là perché decidano altri. Ma in trincea non è bello neppure giocare a tennis. Se la palla esce, quelli fuori ti mitragliano e kaputt.

Già, kaputt. La Germania che tanto ha dato alla Rossa grazie a un nome, un cognome e un piede pesante, cioè kaiser Michael Schumacher, potrebbe tornare a varcare il soglio maranelliano. Solo che Sebastian Vettel ha la vocina e non la voce profonda di Schumi; ha la faccia da bimbo e non la mascella ipertrofica; e ha la fama di pilota che fa i capricci e mica tanto di uomo squadra. Però è in rotta con la Red Bull e porta in dote quattro titoli mondiali di fila. Non proprio un pincopalla. Intanto è vago: «Girano tante voci...». Ambito come lui è Hamilton, ma è più difficile che lasci la Mercedes. A proposito di pincopalla, Jules Bianchi, eterno prodotto dell'Academy Ferrari, potrebbe essere il pilota giusto se la Ferrari che si rifonda e programma sui tre anni (da qui le paure di Alonso oltre alla richiesta di più soldi) optasse per il low profile , rinunciando a un suo must degli ultimi 20 anni: il nome di grido in scuderia. Lui comunque alza la manina, «io ci sono eccome, anche perché sono entrato nel programma di Maranello nel 2009 e dopo due stagioni di F1 con la Marussia-Ferrari direi proprio che sono pronto». Ha ragione. Semmai, il fatto che nel toto sostituto Bianchi entri quasi mai, la dice lunga su come venga oggi considerato Raikkonen in Ferrari. In fondo, Kimi è un nome di grido. Per cui il Cavallino potrebbe davvero affiancargli il 26enne francese. Ma Kimi è bollito. Ieri da Suzuka ha detto «ho fiducia al 100% nella Ferrari». Problema: è la Ferrari a non averla.

Da Parigi ha parlato di Alonso anche il presidente uscente, Luca di Montezemolo. Se Marchionne è stato duro e sintentico, lui ha toccato di fioretto. Ma il senso non è cambiato: «Dipenderà da cosa vuole fare Alonso e dalle esigenze della squadra. Stiamo lavorando per trovare la soluzione migliore per lui e per la Ferrari nel reciproco rispetto, Fernando sta parlando con Mattiacci, non c'è l'assillo di chiudere oggi o domani mattina: l'unico assillo è fare bene a Suzuka. In questi anni sia lui che noi pensavamo di fare meglio, ma non si è mai tirato indietro, ha sempre spinto al massimo. Lo ringrazio per l'impegno». Parole che sanno molto di saluti finali.

Non solo di Montezemolo.

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