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Tutto questo non sarà tuo I sogni sfuggiti di un nulla

La Cagnotto tradita da uno spruzzo. Blake davanti a Bolt per un anno, ma non a Londra. E la Perilli perde di mira il primo podio di San Marino

Tutto questo non sarà tuo I sogni sfuggiti di un nulla

L'Olimpiade parla agli sconfitti: un giorno tutto questo non sarà tuo. Guardalo e sognalo. È lì, è vicino, ti tuffi, chiudi gli occhi. Esci, ti togli l'acqua dal viso ed è lontano. Sono venti centesimi di punto che ti buttano giù dal podio. Non esistono nella vita normale venti centesimi. Qui fanno piangere Tania Cagnotto e gli altri eroi perdenti dei Giochi. Loro come lei. Traditi da una bracciata, fregati da un giudice, sbattuti via dall'emozione, abbandonati dalla loro sicurezza. Lo sport uccide senza sparare. Perché io? Ci sono ragazzi che si sbattono quattro anni per una sola gara. Questa. Quattro anni, ogni giorno, con quella città in testa: Londra, Londra, Londra. Quel tuffo, quello sprint, quel colpo non lo sbagli mai. Poi arrivi qui e vai fuori giri. Non c'è solo la faccia di Usain Bolt all'arrivo dei cento metri. Lui fa il ganzo, sorride, gioca, si diverte. Accanto Yohan Blake ha un sorriso triste, da beffato. Il participio passato nello sport è la maledizione: vale per sconfitto, per battuto, per superato. Quella smorfia racconta senza che lui apra la bocca: davanti all'amico avversario per tutto l'anno, certo di poterlo battere nel momento più importante, nell'unica giorno che conta davvero. Fa un tempo che gli permetterebbe di vincere qualunque gara: 9 secondi e 75. Quell'altro è già in posa per i flash. Secondo nei cento metri vale ultimo. Chi è che si ricorda di un argento quando chi vince è l'uomo più veloce della terra?

Gli sconfitti sono l'eternità dello sport. È grazie a loro se esistono i vincenti. Sono le comparse non pagate di uno show altrui. Restano incollati all'idea della vittoria fino all'ultimo. Dai che ce la fai. Perché varranno qualcosa gli sforzi, no? Quel movimento ripetuto fino allo sfinimento, per perfezionarlo, per renderlo esatto: quel giudice che vede uno schizzo in più quando Tania entra in acqua è la variabile che non puoi gestire. È quello che scioglie le lacrime. Non è possibile, non si può, non così. Lì la Cagnotto voleva un bronzo, mica l'oro. È la teoria della relatività sportiva: c'è un argento che vale l'ultimo posto e un bronzo sfumato che avrebbe voluto dire tutto. Perché Tom Daley non chiedeva altro che salire sul podio: quarto anche lui nei tuffi per lo stesso schizzo che ha fregato Tania. Errore del compagno hanno detto tutti. «Errore anche mio», ha spiegato lui. Non cambia, perché su quella piattaforma lui era il ragazzino che aveva fatto innamorare la Gran Bretagna. Vai Tom, buttati. E lui si buttava con il suo compagno: perfetto, pulito, vincente. Quarto a casa significa aver perso l'occasione. Ce n'è un'altra? Può essere, ma nessuna è mai come quella che stai vivendo, non quando sei nel tuo Paese, quando i giornali hanno riempito le pagine della tua storia: tuo padre che t'ha fatto sportivo e poi se ne è andato prima di vederti tuffare per una medaglia olimpica. Quarto è una pugnalata, l'errore che ti spinge sotto è la lama che affonda nella carne.

Le Olimpiadi creano un abisso che non esiste nel calcio: una Champions League la giochi ogni anno se ci riesci. Perdi e ti puoi rifare. Un campionato che ti riabilita lo puoi sempre trovare. I Giochi arrivano ogni quattro anni. Splendidi e maledetti. Ti portano su o ti sbattono per terra. Tania piange perché è come tuffarsi in una piscina senz'acqua. Fa male, tanto male, troppo male. Venti centesimi, capito? Venti cen-te-si-mi. Lo scandisci per incredulità. Per un atleta diventa un'ossessione. Vale per i nostri e per gli altri. Vale per Matthew Emmons che perde nella carabina. È lì all'ultimo giro: oro? Argento? Lui è il migliore, il mito di Niccolò Campriani. Si prepara, mira, spara. Sette. Che è come tirare un rigore fuori di tre metri. Emmons va nel panico, piange, si dispera. Né oro, né argento. Sarà bronzo. Nessuno sa che cosa sia, se paura, tensione, ansia. È la mano invisibile che ti toglie il destino che ti eri costruito. A lui che prima della gara s'era avvicinato a Campriani e gli aveva detto: «Vincerai tantissimo, qui e altrove. Ma non farla diventare la tua ossessione». Lui lo sa. Ha sbagliato oggi e ha sbagliato a Pechino: argento, anziché oro. Peter Cameron scrive: «Questo dolore ti sarà utile». Quando? Gli atleti non ci credono. Ditelo ad Alessandra Perilli che sta per portare la prima medaglia di sempre a San Marino. Vede vincere Jessica Rossi e può stare sul podio con lei. Spareggio per l'argento: sono in tre. Una sola rimarrà delusa: è lei, per un colpo, per un soffio di vento che spinge il proiettile a non colpire il piattello. Ditelo alla spadista coreana Shin A Lam, battuta da un giudice e non da un'avversaria. Lei è quella che ha occupato la pedana per un'ora, seduta, in lacrime. Io non mi sposto, perché questo è il mio sogno. Digli addio, ragazza. Le Olimpiadi possono toglierti i vestiti della festa, spogliarti delle certezze che ti sei costruito negli anni, levarti il sorriso, eliminarti dalla magia che si trascina dietro lo sport. Ci ricordiamo sempre e solo dei vincitori: loro si prendono la gloria. Gli sconfitti hanno una storia parallela, piena di tutto.

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