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Ultimo tango a Verona. Ma il clan dell'asado non finisce in gloria

Il Chievo rovina la festa d'addio a Zanetti, Milito e Cambiasso. Mazzarri, appuntamento a mercoledì: c'è tanto da dire e fare

Milito, Zanetti e Cambiasso
Milito, Zanetti e Cambiasso

Primo caso di festa malinconica, c'è un treno che parte con un carico pesante, ultima stazione Verona, altri quattro del Triplete tolgono le tende.

Hanno costruito un'epopea, ora è troppo presto per capirne il reale valore, tutta gente che viaggia oltre la decina di trofei vinti qui da noi, non succede tutti gli anni. Mazzarri li schiera in massa tranne l'indisponibile Walter Samuel da Firmat, provincia di Santa Fè, 234 presenze, 17 gol e 15 trofei vinti in maglia nerazzurra, The Wall, un fallo preventivo a palla lontana dopo pochi secondi giusto per mettere subito le cose in chiaro. Davanti, accanto al giovane Ruben Botta c'è il Principe Milito da Bernal, nord est di Baires, 75 gol in 170 gare ufficiali, due nella finale del Bernabeu che ha catapultato tutto il gruppo nel libro d'oro del calcio, due gol distribuiti equamente fra il primo e il secondo tempo mentre a Madrid stava calando il sole. Poi i due califfi, Esteban Cambiasso direttamente da Buenos Aires come Javier Zanetti, 431 partite, 51 gol e 15 trofei vinti, il calciatore che ha conquistato il maggior numero di titoli nella storia di tutto il calcio argentino, 24, neppure l'immenso Alfredo Di Stefano gli sta a ruota con i suoi 21. Era arrivato quasi spurgato dai blancos di Madrid, è stato il cervello per intere stagioni. E poi Zanetti, il Capitano dei record, futuro dirigente stando alle promesse del presidente Thohir, fascia al braccio, 858 partite giocate con l'Inter, 21 gol, 16 trofei vinti dopo lunghi anni di attesa senza riuscire a darsene una spiegazione, Zanetti è riuscito a entrare nella leggenda ancora in attività. Non più da ieri sera. Le scelte le fa la società, ne risponde, tutti hanno capito che non si è liberata della zavorra, ma sicuramente si è liberata da un peso, Thohir ha tirato giù i finestrini, aria nuova, ha fatto sapere che mancheranno ai tifosi ma anche a lui, a Cambiasso ha dato appuntamento per un nuovo compito, lo aspetta, la sua intelligenza acuta può fare la differenza anche fuori dal campo. Se ne vanno in quattro, ne restano altri sei di argentini, Alvarez, Campagnaro, Palacio, Icardi, Botta e Carrizo, il primo a rischio cessione, c'è Ezequiel Schelotto che resta un possibile ritorno.

Ieri qualche indicazione per Walter Mazzarri, in campo nove undicesimi con più o meno scarse possibilità di restare nella prossima stagione, prove di difesa a quattro. L'Inter ha giocato peggio il primo tempo quando è andata in vantaggio con un destro rabbioso di Andreolli a pochi minuti dall'intervallo, su mischia a seguito di una punizione, niente di organizzato. Ripresa più emozionante e pareggio di Obinna appena subentrato, una aggressiva penetrazione in area, controllo di sinistro e Carrizo fulminato.

L'Inter, soprattutto Kovacic, stava muovendosi meglio, più sciolta, Mazzarri aveva anche inserito Ranocchia, il Chievo però la festa se la stava gustando veramente, una salvezza uscita dal cappello, sudata e meritata come tutti i punti che si ritrova in classifica, compresi quelli di ieri sera. È partito forte, traversa di Paloschi e palo interno di Lazarevic che si è bevuto Esteban Cambiasso schierato centrale con una disinvoltura sorprendente.
Milito non è mai riuscito a liberarsi, Botta ha corso molto, è nella lista di quelli che restano. Mateo Kovacic ha ripetuto le ultime stupende prestazioni di queste giornate conclusive. Vede dei varchi che non ci sono, perfora le idee, scopre nuove vie. L'Inter deve affidarsi a lui, lui deve imparare che nel calcio per vincere occorre tirare in porta. Non è un rilievo da poco, Obinna l'ha fatto con una doppietta.


Adesso Mazzarri mercoledì ci spiegherà come andrà a finire, ha annunciato una conferenza a San Siro, ma più che dire, ha ancora tanto da fare.

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