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Gli ultrà scatenano la guerra: "Facciamo chiudere gli stadi"

La genialata contro il Milan rafforza l'unità delle curve. Abete difende la legge: "Ma serve riflettere sull'applicazione"

Gli ultrà scatenano la guerra: "Facciamo chiudere gli stadi"

Che genialata! Invece di mettere al bando gli ultrà, con l'ultima raffica di provvedimenti ciechi, hanno cementato l'unità dei curvaioli. L'effetto vizioso prodotto dalla chiusura di San Siro per cori "espressione di discriminazione territoriale" è tutto contenuto in una nota diffusa dalla curva interista, intervenuta a sostegno e in segno di solidarietà con milanisti e napoletani, «da sempre acerrimi nemici» come ricalcano senza timore per evitare equivoci. La proposta, lanciata dall'altra sponda del tifo milanese, e che può diventare una sorta di passa-parola nelle prossime ore, è tesa a provocare una serrata del calcio italiano. «Auspichiamo che tutte le curve si comportino in modo da arrivare alla totale chiusura degli stadi» il passaggio più significativo del comunicato che in concreto ha rovesciato il tavolo più delle proteste milaniste e della lettera spedita dalla Lega calcio alla presidenza della federazione.

La sintonia tra opposte fazioni di ultrà è ormai raggiunta. Giancarlo Capelli, capo storico dei milanisti, intervenuto alla trasmissione "Lunedì di rigore" ne ha fornito ulteriore prova sottolineando la differenza tra la materia delicatissima del razzismo vero e proprio e «gli sfottò che da 35 anni si sentono negli stadi». Il calcolo, a onor del vero, è sbagliato per difetto. Basterebbe rileggere un passaggio di Johann Wolfang Goethe, non proprio un curvaiolo, scritto nel settecento dopo una visita in Italia, per rendersene conto: «Qui sono tutti in urto l'uno contro l'altro, in modo che sorprende. Animati da un singolare spirito di campanile, non possono soffrirsi a vicenda».

Persino i presidenti di serie A han fatto fronte comune. Se in materia di diritti tv, e fette di torta da spartirsi, sono pronti a dividersi. Questa volta, intuito il grande pericolo, hanno deciso di marciare uniti. E al fianco di Galliani. Senza alcuna esclusione, come ha fatto bene intendere Pierpaolo Marino, dg dell'Atalanta. Perciò a Roma è scattato l'allarme. Invece di isolare gli scellerati, c'è il rischio di ritrovarsi dinanzi a un fronte compatto. Rischio testimoniato dalla parole di Giancarlo Abete, presidente della federcalcio, schierato a difesa della legislazione, in ossequio al diktat di Uefa e Fifa, ma pronto a spedire a Galliani, un messaggio di grande apertura. La frase, nella sua inedita chiarezza, non si può prestare a doppie interpretazioni. Ha dettato Abete: «É utile, opportuna e doverosa una riflessione sulle modalità applicative». Tre aggettivi in sequenza per segnalare la necessità di mettere da parte l'attuale sistema di pene (al primo episodio chiusura della curva, al secondo chiusura dello stadio, al terzo perdita della partita e penalizzazione in classifica) al fine di evitare «la dittatura o la rappresaglia delle curve».

Non è nemmeno pensabile, fanno sapere in via Allegri, una clamorosa retromarcia ma un rimedio politico va trovato. A indicare la via d'uscita, può contribuire proprio il Milan che sta pensando di procedere, in sede penale, con una denuncia contro ignoti per l'episodio di Torino in modo da marcare la distanza. All'avvocato Leandro Cantamessa il compito di preparare, dopo aver letto il referto dei collaboratori della procura federale, giunto solo nella serata di ieri, il ricorso. Che verrà discusso venerdì e punterà anche a smantellare la portata del coro, ascoltato da nessuno dei tanti testimoni allo stadio. In caso di rigetto, è probabile che il club si rivolga all'Alta Corte del Coni. Singolare, molto singolare, la cura proposta dal presidente del Coni Giovanni Malagò: ha teorizzato la rivolta della curva responsabile contro gli autori dei cori vietati.

Potrebbe comportare, in qualche caso, anche l'inizio di una vera e propria guerriglia negli stadi. Ecco: forse è il caso di evitare altre complicazioni!

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