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Under 19, finale vista futuro. Ma allora i talenti ci sono?

"Troppi stranieri... Non produciamo più difensori...". Mica vero. I piedi buoni ci sono, ct Vanoli li ha scovati

Under 19, finale vista futuro. Ma allora i talenti ci sono?

Stasera mettiamoci seduti comodi dinanzi alla tv per gustarci una finale che ha qualcosa di simbolico e di suggestivo. È sempre calcio, naturalmente, l'ultima coda all'europeo di Francia finito con lo squillo di tromba del Portogallo ma si gioca in Germania, a Sinsheim. Tocca all'under 19 (ore 20.30, diretta tv su raitre), guidata con mano felice dal ct poco reclamizzato Piero Vanoli, giocarsi la chance che non è nuova per il calcio italiano (ultimo successo nel 2003, ultima finale persa nel 2008) e che sembra smentire il luogo comune che accompagna da tempo il nostro vivaio. «È colpa dell'invasione straniera se i nostri giovani non fanno strada» si lamentano i tecnici di Coverciano. «Non siamo più capaci di produrre difensori» aggiungono i più depressi, spesso icone di un calcio che fu (Claudio Gentile per fare un nome e un cognome).

La realtà, come spesso accade, è molto diversa e poiché non incrocia mai la cronaca né i riflettori della tv, finisce per risultare sconosciuta. Ecco qui la smentita incarnata dalla nazionale under 19 con un curioso ruolino di marcia (in gol solo e soltanto su calcio piazzato, rigore, punizione, calci d'angolo), capace di giungere all'appuntamento della finale europea con la Francia e aprire così uno scenario inedito sulle prospettive del calcio italiano. «È la dimostrazione che esiste una cantera italiana» puntualizza orgoglioso Tavecchio, già in viaggio verso lo stadio tedesco. L'eroe di questo gruppo è un terzino sinistro dal piede fatato, Federico Dimarco, 18 anni, promesso all'Empoli, due gol all'Inghilterra, rari quelli che han messo piede in serie A, tra questi il milanista Locatelli, centrocampista centrale.

Ed ecco spuntare finalmente il vero buco organizzativo del calcio italiano. Non siamo a secco di talenti, allevati e cresciuti secondo i canoni della tradizionale scuola, semmai il deficit è costituito dalla mancanza di un campionato intermedio tra primavera e primavera che impone o un salto mortale triplo per i più dotati (pochissimi gli esempi luminosi: Paolo Maldini, Totti, Balotelli) oppure la caduta nei campionati inferiori segnati da delusione, spesso anche da evidente depressione. In Spagna hanno risolto la questione consentendo ai club della Liga di dar vita alle seconde squadre. «A Barcellona l'anno scorso la seconda squadra ha disputato il campionato di serie B che è molto impegnativo e formativo» la conferma nelle parole di Ariedo Braida, passato da qualche tempo al club catalano dopo l'esperienza quasi trentennale al Milan. A scorrere le formazioni delle ultime due finali giocate dall'under 19, per esempio, si possono cogliere presenze significative (Chiellini, Padoin e Pazzini nel 2003, oppure Darmian, Buonaventura e Paloschi nel 2008) ma anche una grande percentuale di giocatori poi sprofondati nell'anonimato dei dilettanti. Già perché la legge del calcio è sempre la stessa: uno su mille ce la fa, come canta Morandi che di calcio è competente oltre che appassionato.

Per tentare di cambiare strada senza stravolgere l'attuale format, una decisione, passata sotto silenzio, è arrivata nei giorni scorsi dalla Lega calcio. E riguarda la modifica dei criteri per l'allestimento dei gironi del torneo primavera, fino a ieri solo geografici (per far risparmiare i club). Evidente il motivo: Milan e Inter han giocato sempre contro gli stessi rivali, e così la Juve senza mai incrociare Roma e Lazio, Palermo e Napoli. Adesso si passerà a gironi dettati dai risultati degli ultimi 5 anni in attesa della vera rivoluzione promessa tra due anni e che prevede una A e una B dei primavera, con tanto di promozione e retrocessione dunque.

Perciò stasera non possiamo perdere l'appuntamento davanti alla tv.

Magari ci ritroveremo sotto gli occhi qualche giovanotto da segnalare a Ventura per il prossimo mondiale.

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