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«Il vantaggio per noi: ci conoscono poco» La Costa Rica punta sull'effetto sorpresa

L'ultimo rigore toccava a lui. A guardarlo c'era suo padre, seduto sulla panchina della squadra avversaria. Celso Borges tira e sbaglia. «Anche questo significa essere figlio d'arte», racconta oggi il metronomo della Costa Rica rivelazione del Mondiale. «Era una partita di qualificazione alle Olimpiadi, perdemmo contro Panama. I giorni seguenti furono devastanti, mi accusarono di aver voluto aiutare mio padre. Se supero questa, pensavo, niente può più farmi paura». Nemmeno un Mondiale, con di fronte avversari del calibro di Pirlo e Gerrard. «Al Mondiale passiamo noi». Borges è stato di parola, e con lui tutti i suoi compagni. «Siamo pronti a scrivere la storia, pochi ci conoscono e questo è il nostro grande vantaggio», il parere di Christian Bolaños. La storia, già. Borges ne sa qualcosa, visto che ci ha dovuto convivere quotidianamente. Il padre, Alexandre Gumaraes, era nazionale costaricano durante la prima avventura dei Ticos ai Mondiali, a Italia 90, conclusa con una sorprendente eliminazione ai quarti di finale. Era la Costa Rica del futuro foggiano Hernan Medford, al quale fu proprio Guimaraes a fornire l'assist per il gol-vittoria contro la Svezia ai gironi. «Siamo cresciuti nel mito della nazionale di Italia 90», ricorda Bryan Ruiz, «anche se molti di noi all'epoca non erano ancora nati, o erano troppi piccoli per ricordare».

Adesso la storia ha voltato pagina.

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