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Vidal, l'incedibile che può arricchire la Juve scudetto

Conte e Marotta: "Noi non lo vendiamo". Ma se qualcuno lo pagasse a peso d'oro...

Torino - Arturo era il nonno materno, Erasmo il papà, Pardo il cognome della mamma. Semplicemente, Vidal: nato a San Joaquin, città operaia della regione metropolitana di Santiago, cinque tra fratelli e sorelle. L'uomo che, con i due gol segnati alla Lazio, ha avvicinato ancor più la Juventus al bis tricolore: in campionato non la buttava dentro dal 10 novembre ma, pur ammettendo che «il gol mi mancava», mica se ne era crucciato più di tanto. Il suo mestiere è un altro e in casa Juve lo sanno benissimo: arpionare palloni ovunque, mordere le caviglie di tutti quelli che passano dalle sue parti e non solo, fare da sentinella a Pirlo e un po' anche a Buffon. Poi, se capita di segnare, tanto meglio. Quel che conta però è correre, sudare e vincere. Per fare contenta mamma Jaqueline, suo idolo assoluto: «Mi ha sempre detto “devi essere costante in ogni cosa che fai e lottare per quello che vuoi. Sempre”. Allenamento o partita per me non fa differenza: corro e voglio vincere. Anche nella vita». Con tanti saluti al padre Erasmo, che aveva abbandonato la famiglia e che qualche mese fa è stato anche arrestato per una brutta storia: Arturo ha fatto spallucce, strade separate certo non per sua scelta e da allora ognuno artefice del proprio destino.

«Mio zio Victor Hugo mi ha aiutato molto - ricorda -. Lui, la mia famiglia e Hugo Gonzales, allenatore delle giovanili del Colo Colo». Società dalla quale lo ha poi prelevato, in occasione dei Mondiali Under 20, il Bayer Leverkusen: lui e Alexis Sanchez, oggi al Barcellona e domani magari alla Juventus, facevano e fanno parte di una generazione capace di fare sognare il Cile calcistico. Non sono mancati momenti difficili, in Germania e con la Nazionale: a Torino però il Guerriero non ha mai fatto arrabbiare nessuno e marachelle tipo quella che gli è costata una sospensione in nazionale (presentandosi in ritardo in ritiro e per di più non del tutto sobrio) non sono mai accadute. Difficilmente Conte lo avrebbe perdonato senza sanzionarlo e, insomma, King Arthur è diventato «uno cui difficilmente rinuncerei».

Marotta, nella pancia dell'Olimpico laziale, ha poi aggiunto che la Juve «non è una società venditrice, anche se per Vidal già l'anno scorso ci erano arrivare offerte da società importanti». E quindi: costato 11 milioni e con il manager Felicevich già sbarcato a Torino nei giorni scorsi per trattarne il prolungamento del contratto (dal 2016 al 2018), c'è da pensare che Vidal rimanga davvero sotto la Mole a meno che qualche acquirente danaroso non si mostri disposto a pagarne il cartellino tre volte tanto o quasi. Potrebbe comunque accadere, viste le pazzie cui sono abituate Psg, Manchester City, Real Madrid e per certi versi anche Bayern Monaco: lui però a Torino dice di stare da dio e che anzi vorrebbe tanto essere raggiunto dal connazionale Sanchez, il Niño Maravilla un po' appassito in Catalogna ma sempre appetibile.

Intanto, di qui a pochi giorni festeggerà il secondo tricolore e manderà in archivio una stagione comunque più che positiva: 12 gol finora (7 in campionato, 1 in Coppa Italia e Supercoppa, 3 in Champions), quarto giocatore di movimento più utilizzato da Conte dietro Barzagli, Bonucci e Pirlo e la logica consapevolezza di essere un tassello importante nel mosaico bianconero. Secondo alcuni, la musica sarebbe stata diversa anche per il Bayern Monaco nel caso in cui lui fosse stato in campo nel ritorno dei quarti di Champions: la controprova ovviamente non esiste, ma certo averlo in squadra negli anni a venire parrebbe operazione saggia nonostante nella rosa di Conte ci sia già un tracimante Pogba. Semmai, come accaduto appunto contro la Lazio, Conte è intrigato dall'idea di fare giocare tutti insieme i suoi centrocampisti “Qualità & Quantità”: una sorta di Barcellona all'italiana, con spruzzate franco-cilene e magari l'aggiunta in rosa di uno come Diamanti.

Chissà.

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