Sport

Vincere non basta più. Ecco perché il Napoli ora è una polveriera

In un mese 3 scontri fra De Laurentiis e Sarri: il modulo, la squadra del futuro e gli arbitri

Vincere non basta più. Ecco perché il Napoli ora è una polveriera

Il rinnovo del contratto di Raul Albiol fino al 2020, che segue quello di Koulibaly della scorsa settimana. Il Chievo sorpresa del campionato e avversario degli azzurri stasera al San Paolo - fortino azzurro, non ci perdono in campionato dal 31 maggio 2015 -. Tutto questo però resta sullo sfondo. Perché in casa Napoli si respira un'aria tesa, colpa di un rapporto che sembra sfilacciato tra il patron De Laurentiis e il tecnico Sarri. Un rapporto iniziato appena quindici mesi fa e pure rinnovato per 4 anni nella scorsa primavera. Ma in meno di trenta giorni, tre casi di frizione tra i due: la prima volta quando il presidente auspicò pubblicamente il varo di un modulo diverso dal 4-3-3, un consiglio disatteso da Sarri che ha bocciato il modulo a due punte nell'ultima gara di Genova; la seconda quando il tecnico prima della trasferta di Palermo parlò di un Napoli forte per il futuro, ma non ancora per il presente, pur con un dietrofront risentito dopo il match in Sicilia; l'ultima il dissidio a distanza tra i due, entrati in rotta di collisione su due questioni che stanno parecchio a cuore pure ai tifosi, in aperta guerra con De Laurentiis: i torti arbitrali e il fatturato del club.

Sorprende l'atteggiamento da parte del patron azzurro, mai presente sulle tribune a seguire la squadra in questa stagione. In passato critiche per nulla velate al sistema calcio, decisioni clamorose (l'assenza della squadra alla premiazione dopo la finale di Supercoppa italiana con la Juve nel 2012), entrate verbali in tackle dopo una finale europea mancata («Platini - allora presidente dell'Uefa, ndr -, ti diamo fastidio?»). Oggi invece impone al proprio allenatore di rispettarne l'operato. «Niente alibi arbitrali», ha tuonato dalla Cina il patron dopo la gara di Marassi. Ora che De Laurentiis è distante fisicamente dalla truppa azzurra, non è cambiata però la strategia comunicativa: è solo il presidente a poter prendere posizioni ufficiali in nome e per conto della società. Tutto passa da lui, dal grande colpo di mercato alla minima operazione commerciale. Ed è lui che concede e toglie la parola, non a caso quest'anno Sarri avrà la «sordina» dopo le gare esterne in notturna. E mercoledì a Genova, dopo aver invocato un intervento del club sugli errori dei fischietti, è stato rimbalzato dal suo presidente. «Non posso espormi sempre io, la società dov'è?», lo sfogo ad alta voce del tecnico negli spogliatoi di Marassi.

Bocche cucite ieri a Castelvolturno, con un Sarri nervoso e che sta rischiando di rovinare la sua immagine di tecnico innovativo con le accuse agli arbitri che spera però possano scatenare nella squadra una reazione rabbiosa. Unica eccezione, le parole di Milik al sito Uefa, con lodi sperticate per Sarri. «È un allenatore speciale, un maestro che passa molto tempo a insegnarci la tattica. Pratichiamo un calcio offensivo e non tipicamente italiano e confesso che questo mi piace molto». Dalla parte dell'allenatore tutti i giocatori che hanno fatto quadrato all'interno dello spogliatoio. E dietro l'angolo c'è la quinta partita in due settimane tra campionato e Champions: al San Paolo arriva il Chievo che rappresenta per gli azzurri un'immediata occasione di riscatto dopo il pari di Genova e il primato perso in classifica. Gabbiadini, Zielinski e Insigne scalpitano per un posto da titolare, ma solo gli ultimi due giocheranno dall'inizio.

E spera in un debutto anche Giaccherini, uno dei cinque nuovi acquisti da 65 milioni ancora senza minuti in campo.

Commenti