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Witt, la dama dell'Est che fece crollare il muro del ghiaccio

Katarina fu simbolo della Ddr tra gli '80 e i '90

Witt, la dama dell'Est che fece crollare il muro del ghiaccio

Cinquant'anni anche i miti invecchiano. Ma no, impossibile, Katarina Witt è di quei personaggi che non possono invecchiare, perché a 20, 50 o 70 anni possiedono la capacità di restare sempre uguali, con quell'aurea di divinità sopra la testa in grado di nascondere la ruga, lo sguardo o il capello più spenti. Eppure è così, il tempo passa per tutti, anche per lei, da oltre 30 anni simbolo del pattinaggio sul ghiaccio quindi della bellezza e della grazia, della femminilità e del fascino legati allo sport. Impossibile non ammirarla. La ricordo nel 1984 a Sarajevo, quando si fece conoscere al mondo vincendo il primo dei suoi due ori olimpici: erano i tempi in cui le atlete non curavano per nulla il proprio aspetto estetico, pensando soprattutto ad allenarsi e a gareggiare, magari a vincere. Dalle piste dello sci alpino a quelle dello sci di fondo era impossibile vedere occhi truccati o sguardi ammaliatori, quelli che lei, là sola in mezzo alla pista ghiacciata, regalava in quantità esagerata. Ma Katarina Witt non era solo bellissima, era anche molto, molto brava. A pattinare, a rispondere alle domande, a vendersi come personaggio. Fu tra le prime campionesse dello sport a far uscire la propria immagine da quella del suo mondo e a diventare famosa, in questo aiutata anche da alcuni episodi indimenticabili, come quello delle rose regalatele da Alberto Tomba all'indomani del suo bis olimpico a Calgary.

Era il 1988, lui volava altissimo, reduce da due vittorie esaltanti e attratto irresistibilmente dalla ribalta e dal fascino della campionessa tedesca. Era la vigilia della caduta del muro di Berlino, la vigilia di una nuova vita per Katarina Witt, atleta della Germania est diventata all'improvviso cittadina del mondo, libera di godere al 100% di tutte le possibilità che la fama le offriva e di cui lei aveva una fame infinita. Non ha esitato a raccoglierle: restando sempre legata al suo primo e più grande amore, il pattinaggio, ha provato di tutto e di più. Si è esibita nei palaghiaccio del mondo intero, ha fatto l'attrice (un film anche con Robert De Niro), la commentatrice televisiva, è stata testimonial di tutto quello in cui credeva e di tutto quello che le fruttava abbastanza da non poter essere rifiutato. Ha posato nuda (e un po' rifatta) per Playboy, ma non si è mai sposata né ha avuto figli. Troppo innamorata e presa da se stessa per trovare il tempo da dedicare ad altro o altri, e in questo, guarda il caso, assomiglia tantissimo al suo gran tifoso Alberto Tomba, che i 50 li compirà fra un anno (pure lui a dicembre) e che continua a vivere del suo passato glorioso. Katarina, per anni spiata in ogni suo movimento e pensiero dai servizi segreti della Germania Est, ama parlare di tutto, ma guai a chiederle qualcosa del Paese per cui ha vinto tutto. Lì si chiude a riccio, perde quel sorriso ammaliatore e diventa cupa. Chissà come sarebbe stata la sua vita senza la caduta del muro di Berlino, città in cui vive e in cui ieri sera ha presentato il suo nuovo libro-raccolta di fotografie, per festeggiare un compleanno che non la inquieta più di tanto, perché anche lei sente di avere addosso quell'aureola di eterna giovinezza propria delle divinità. Ce ne fossero di personaggi così Sono quelli come Katarina, o come Tomba, per restare a quel vecchio idillio, a rendere lo sport universale, a sdoganarlo da confini a volte limitati, ad attirare pubblico che non ha mai fatto una corsetta o un piegamento, che non ha mai calzato un paio di sci e men che meno di pattini.

Tanto di cappello a chi, come la Witt, è riuscita con feroce determinazione a fare emergere la sua personalità partendo da un paese dove lo sport era l'unico mezzo per uscire dal buio. Auguri!

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