Politica

Sprechi, l’Abruzzo si mette in marcia per ridurre i privilegi dei consiglieri

Inizia a metà giugno la raccolta di firme per tagliare emolumenti, rimborsi spese e nomine

Tagliare i costi della politica: una parola. Chi glielo dice per esempio al consigliere abruzzese Vito Domenici? Al parlamentino regionale ha fondato il Gruppo Misto. Da solo. È capogruppo di se stesso. Ben altri cinque partiti hanno un solo consigliere-capogruppo: l’Unione, Comunisti italiani, Verdi, Udc, Dc e Italia dei valori. Tutti one-man-show: si riuniscono, discutono, propongono, dissentono. In perfetta solitudine. È ininfluente il fatto che, oltre agli 8mila euro lordi al mese come consiglieri, ne intascano altri 2mila per questa funzione. E in più: ognuno ha un ufficio, i finanziamenti previsti per i gruppi, personale di segreteria.
Così, dopo l’Umbria, anche in Abruzzo si fa strada l’idea di dare una sforbiciata a questa manna, via referendum. «L’ufficio legale della Regione ha dato parere favorevole» dice Pio Ravagnà, ex parlamentare (eletto nel '92 nelle Liste Pannella) e portavoce del comitato promotore: «Ora si devono attendere i tempi dell’Ufficio di presidenza del consiglio regionale: perché a norma di statuto sono i consiglieri regionali a decidere sull’ammissibilità della consultazione sui loro privilegi». L’inizio della raccolta di firme è previsto a metà giugno.
Il fatto è che se a livello nazionale si predica bene (con piano di governo per ridurre i costi di Comuni, Province, Regioni e studi per abolire le Comunità montane), a livello locale si razzola meno bene. In Umbria il presidente ds, Maria Rita Lorenzetti, ha fatto slittare tre volte in due anni la data del referendum. E in Abruzzo il governatore Ottaviano Del Turco, appena passato al Partito democratico? «Non ha detto una sola parola» affonda Ravagnà. Che aggiunge: «Per tagliare i privilegi dei consiglieri regionali, di referendum ce ne vorrebbero 12. Tanti quanti le voci che compongono gli emolumenti».
Intanto si comincia con tre. Tre quesiti referendari. Il primo chiede di abolire l’articolo relativo alle cosiddette «indennità aggiuntive». Dai 3mila euro «aggiuntivi» al mese per i presidenti di giunta, consiglio, commissioni. Ai 2mila dei capigruppo (più rimborsi spese, diaria, gettoni di presenza eccetera). Il secondo quesito cancella il vitalizio - le pensioni dei consiglieri: da 3.500 euro al mese con un mandato, fino a 6mila per più mandati - e gli assegni di reversibilità per vedove e orfani. Il terzo quesito è il più dirompente. Vuole azzerare gli «organi di vertice degli enti strumentali». Vale a dire le nomine politiche dei consigli d’amministrazione negli enti per la portualità, consorzi di bonifica, agenzie per la cultura o la sanità, l’ambiente, l’acqua, i rifiuti. Sono 3mila persone che in Abruzzo vivono di politica. «Al di là degli annunci roboanti - commenta Pio Ravagnà - i politici cercano in tutti i modi di ignorare il referendum». C’è da stupirsi?
pierangelo.

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