la stanza di Mario CerviI cacciatori a volte sono sadici, ma anche la Natura...

Carissimo dott. Cervi, ho letto la sua risposta al cacciatore che difende la propria passione per la caccia e posso capire l'avversione che lei prova per tale attività. Avversione condivisa da molti, indipendentemente dalla distinzione tra cacciatori disciplinati e amanti della natura e bracconieri o cacciatori/distruttori (so che ce ne sono, ho a volte ascoltato i loro discorsi dal mio parrucchiere). Io non sono mai andato a caccia ma per la sola ragione che non mi è mai piaciuto maneggiare armi da fuoco; avrei potuto disporre di ottimi fucili lasciati in eredità da mio suocero e da uno zio di mia moglie; regalammo le armi ad amici. Sono invece sempre perplesso di fronte al differente approccio nei confronti della pesca (parlo della pesca sportiva, non quella professionale); nessuno s'indigna per la pesca con canna e amo, eppure un pesce allamato che si batte per liberarsi dal tormento fa una fine ben più crudele di un fagiano impallinato a morte, senza contare la recente moda della pesca «no kill» che consiste nel prendere all'amo il pesce, armeggiare per portarlo a riva, quindi farlo soffrire, e poi slamarlo e rimetterlo in acqua, buono per un'altra volta.
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Caro Galluccio, la mia ignoranza d'ogni segreto della pesca eguaglia la mia ignoranza d'ogni segreto della caccia. Apprendo grazie a lei la crudele raffinatezza del «no kill» che solo il talento umano poteva elaborare. Ma forse, ripensandoci, sbaglio. Non è così. I comportamenti d'un qualsiasi nostro micio nei confronti d'un topolino catturato superano, per sadismo, la tecnica da lei descritta. Non ci avevo mai riflettuto, ma sicuramente la pietà e lo sdegno di tanti per i tormenti che prede terrestri o alate subiscono a opera dei cacciatori superano di gran lunga la pietà e lo sdegno per i pesci messi a morte. Ragionando a spanne dico che il dolore d'un cerbiatto abbattuto o d'un fagiano impallinato è molto più visibile, o piuttosto molto più udibile del dolore d'una cernia all'amo. Non sono un utopista che sogna un mondo senza caccia e senza pesca. Mangio, molto moderatamente, carne e pesce (subendo per questo i rimproveri di mia figlia vegetariana intransigente). Detto dello stragismo venatorio tutto il male che merita, bisogna aggiungere che la natura, lasciata a se stessa, non lesina spettacoli ed esempi di terrificante ferocia.

Poi, chi lo nega, l'uomo ci mette abbondantemente del suo.

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