Egitto

Le star della tv pubblica si riciclano già nelle piazze

Le violenze spingono molti a prendere le distanze. Tra presa di coscienza e opportunismo

Le star della tv pubblica si riciclano già nelle piazze

Il Cairo - Le violenze di bande di sostenitori pro-regime hanno irrobustito la protesta e attirato nuovi volti noti verso piazza Tahrir, cuore del dissenso. Alcune star della televisione egiziana hanno disertato gli schermi governativi: sono già tre i giornalisti che dall'inizio delle manifestazioni hanno dato le dimissioni. «Mercoledì stavo camminando per andare a lavorare quando ho sentito i canti dei ragazzi che rischiano la vita in piazza», racconta Shahira Amin, vice capo redattore del servizio in inglese di Nile Tv, la televisione di Stato.

Al Giornale la donna racconta d'essersi fermata e di aver inviato un sms al suo capo: «Scusa, non posso tornare in redazione. Voglio stare con il popolo, non con il regime». Shahira ha 50 anni e lavora alla tv dal 1989. Ora che ha dato le dimissioni non avrà più diritto alla pensione. Dice di sentirsi libera: «Era patetico. Alimentavamo la menzogna mentre là fuori si faceva la storia. Non coprivamo le proteste anti-regime, soltanto quelle pro-Mubarak». Ieri, è stato il primo giorno in cui giornali e tv governative hanno mandato i loro cronisti nella piazza. Shahira racconta di non essere più passata dalla redazione. È corsa a midan Tahrir con la figlia Amira, una fotografa di 28 anni.

Altri volti noti della televisione di Stato egiziana hanno deciso di lasciare le proprie scrivanie con il crescere delle violenze. Una collega di Shahira, presentatrice di Nile Tv in arabo, se ne è andata dopo 20 anni di lavoro. Soha al Nakkash ha preso la sua decisione il giorno dopo la prima manifestazione, il 25 gennaio.

Mentre le televisioni satellitari arabe mostravano i fatti della piazza, «la nostra copertura delle proteste mancava del minimo livello etico - ha detto alle agenzie - ho deciso che non ritornerò più alla televisione». «Mandano in onda documentari e programmi di cucina mentre fuori c'è la rivoluzione», dice una signora della Cairo bene criticando le emittenti governative. Anche lei è scioccata dalla violenza e dalle intimidazioni: «Così si sono giocati l'appoggio del Paese», dice riferendosi al governo.

Il disertore televisivo più conosciuto è Mahmoud Saad, vera star del piccolo schermo egiziano. Il presentatore del seguito talk show Masr al Naharda, l'Egitto oggi, ha lasciato il programma pochi giorni fa quando gli è stato impedito di mandare in onda una puntata sulle manifestazioni. Saad è conosciuto per avere posizioni vicine all'opposizione, nonostante il suo lavoro per un'emittente governativa. Il giornalista guadagna milioni di lire egiziane all'anno per andare in onda una volta alla settimana. «Lasciare un posto del genere è una forte presa di posizione», spiega la sua collega Shahira. In Egitto, in queste ore, c'è chi ha preso coraggio proprio a causa delle intimidazioni e delle violenze. E non solo nel mondo dello spettacolo: ieri pure Mohammad Rifaa Tahtawi, portavoce di Al Azhar, la più importante istituzione dell'islam sunnita, controllata dal governo, ha dichiarato alla Cnn di aver lasciato il suo incarico per raggiungere i manifestanti.

E come in ogni fine d'impero, molte saranno le persone a seguire questo esodo, chi per convinzione, chi per opportunismo.

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