Cultura e Spettacoli

«State tranquilli, la democrazia non è in pericolo»

L’America è la sua terra e, a Washington, Arthur C. Brooks presiede l’American Enterprise Institute, uno dei più autorevoli centri studi conservatori. Ma Brooks conosce molto bene anche la nostra Europa e quando sente l’eco di certe polemiche contro Nicolas Sarkozy, Silvio Berlusconi o addirittura il premier britannico Gordon Brown, non esita a manifestare il proprio disappunto.
Professor Brooks, nel 2009 è giustificato il timore per i leader politici troppo «decisionisti»?
«Assolutamente no. È assurdo pensare che in Paesi come l’Italia o la Francia un leader politico possa approfittare della propria posizione per instaurare un regime autoritario; significa dubitare della loro sincerità democratica, e questo è grave. Semmai il problema è rappresentato da chi formula queste accuse».
In che senso?
«I partiti di centrodestra hanno assimilato profondamente la lezione della storia e oggi nessuno oserebbe ispirarsi a Mussolini in Italia o a Franco in Spagna. Ma la sinistra non ha ancora fatto i conti con il proprio passato e vede il male solo da una parte, mentre sugli orrori della storia comunista continua a essere elusiva o a tacere».
E questo influenza la sua percezione dei problemi?
«Senza dubbio: i regimi comunisti hanno fatto molte più vittime di Hitler, ma questa realtà viene relativizzata, banalizzata. Gli intellettuali si autoassolvono. Così oggi un politico può proclamare a voce alta la propria fede o rivendicare il proprio passato comunista e nessuno glielo rimprovera. Tuttavia il mondo progressista si dimostra ipersensibile nei confronti di qualunque leader che si dimostri forte, determinato, innovativo».
Pensa a Sarkozy e a Berlusconi?
«Sì, ma anche ai leader del Partito popolare spagnolo che ancora oggi vengono additati come eredi di Franco; il messaggio implicito, reiterato, è: conservatorismo uguale fascismo. Basta!».
Ma anche in America il decisionismo di Obama è criticato con forza. Da destra però...
«Certo e con eccellenti ragioni. Il capo della Casa Bianca sta cercando di cambiare il Paese, scoraggiando lo spirito imprenditoriale per trasformare l’America in una socialdemocrazia di tipo europeo. Sarebbe grave se non venisse contrastato».
Con quali conseguenze sulla democrazia Usa?
«Nessuna, perché nessuno lo accuserà di mire autoritarie e per quante riforme possa varare, la parola tornerà al popolo. Io non ho dubbi: sebbene spaventati dalla crisi, gli americani rimarranno fedeli ai propri valori e alla propria indole. E la democrazia statunitense continuerà a essere un esempio da proporre al mondo».
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