Cultura e Spettacoli

Cast che vince non si cambia. Gli attori feticcio dei registi

Spielberg per il nuovo film ha scelto ancora Tom Hanks; John Wayne e John Ford girarono insieme 21 titoli. E c'è chi dice che Hitchcock s'innamorò di Cary Grant

Cast che vince non si cambia. Gli attori feticcio dei registi

La passione spesso conduce a soddisfare le proprie voglie. E per i registi è ancora più facile. Perché spesso, quando s'innamorano d'un interprete, poi non lo lasciano più. Una monogamia da far invidia al più solido dei matrimoni. La storia del cinema è piena di esempi. Ieri e oggi, sul grande schermo. Ad esempio, uscirà il 17 dicembre il nuovo film di Steven Spielberg, s'intitola Il ponte delle spie , è un thriller drammatico che racconta la storia di James Donovan, un famoso avvocato assoldato dalla Cia durante la Guerra Fredda per negoziare il rilascio di un pilota americano di un aereo spia U-2 abbattuto e catturato sopra l'Unione Sovietica. L'attore chiamato a interpretarlo è sempre Tom Hanks, per la quarta volta insieme al regista con cui ha raccontato pezzi di storia non solo americana, da Salvate il soldato Ryan a Prova a prendermi a The Terminal .

La cosa curiosa è che i registi famosi trovano il loro attore feticcio negli interpreti dello stesso sesso (per dire John Wayne e John Ford girarono 21 pellicole insieme). Così nel passato, senza andare neanche troppo indietro nel tempo, ecco Federico Fellini infatuarsi di Marcello Mastroianni al punto da affidargli il ruolo di suo vero e proprio alter ego, come quello del personaggio di Guido Anselmi in 8½ . Lì Mastroianni interpreta un regista in crisi creativa che però, nella messa in scena del cinema nel cinema, non è altro che lo specchio dello stesso Fellini. Su questa stessa falsariga si può leggere la lunghissima collaborazione tra François Truffaut e Jean-Pierre Léaud che ha dato vita a uno dei personaggi più belli della storia del cinema, quello di Antoine Doinel, che, da ragazzino a uomo adulto, in cinque film (più altri due a parte) ripercorre la biografia del regista stesso e, in qualche modo, anticipa l'operazione del recente Boyhood di Richard Linklater in cui recita anche Ethan Hawke, l'attore feticcio di quest'ultimo regista.

Oppure Alfred Hitchcock, di cui alcuni studi, più o meno validi, hanno molto vagheggiato una latente omosessualità nella rappresentazione di certi personaggi. Arrivando addirittura a sostenere, come ha fatto Theodore Price nel volume Hitchcock e l'omosessualità pubblicato vent'anni fa da Ubu con la famosa copertina di Hitchcock travestito da donna, che la sequenza indimenticabile di Intrigo internazionale in cui Cary Grant cerca di sottrarsi a un piccolo aereo in picchiata «è un'ulteriore, celata allusione a una violenza omosessuale tentata su Thornhill da parte di quel fallo volante». Anche se poi Hitchcock è stato famoso, non tanto per il rapporto con colui che definiva «meraviglioso», ossia Cary Grant, al secolo Archibald Leach, cinque matrimoni a schermare l'omosessualità della sua relazione più importante con Randolph Scott, quanto piuttosto per quello con le attrici, come Vera Miles, Kim Novak, Tippi Hedren fino alle amate Grace Kelly («È un vulcano dalla cima innevata») e Ingrid Bergman, che corteggiava con insistenza ai limiti della decenza.

Molto più esplicita la relazione tra Pier Paolo Pasolini e Ninetto Davoli che andò oltre i nove film girati insieme, tra cui il capolavoro Uccellacci e uccellini . E che, quando si spezzò perché Ninetto andò a stare con una ragazza, portò il regista a scrivere all'amico Paolo Volponi lettere matte e disperate: «Sono quasi pazzo di dolore. Ninetto è finito. Dopo quasi nove anni Ninetto non c'è più. Ho perso il senso della vita. Penso solo a morire o a cose simili». La morte vera, nel 1963, interruppe invece la lunghissima storia d'amore tra Jean Cocteau e il suo attore Jean Marais conosciuto nel lontano 1937 (insieme girarono i fondamentali La bella e la bestia , I parenti terribili , Il testamento di Orfeo ). Ma è sicuramente anche amore quello che lega Johnny Depp a Tim Burton che, dal 1990, dai tempi di Edward mani di forbice , sceglie il camaleontico attore per quasi tutti i suoi film, quando non ne ricostruisce le sembianze pure in quelli di animazione con i pupazzi ( La sposa cadavere ). Un altro che gioca sulla modificazione del suo attore feticcio è Paolo Sorrentino che ci ha dato una gamma sempre diversa di Toni Servillo, dal dolente cantante neomelodico del film d'esordio L'uomo in più fino al navigato giornalista Jep Gambardella che ha portato l'Oscar a La grande bellezza . Meno manipolatore è Martin Scorsese che ora, dopo il lunghissimo sodalizio con Robert De Niro, ha stretto un legame altrettanto forte con Leonardo DiCaprio (da Gangs of New York all'ultimo meraviglioso The Wolf of Wall Street , in mezzo un altro gioiello come The Departed ).

Un capitolo a parte è Quentin Tarantino che, per uno dei suoi film memorabili, Pulp Fiction , scelse, buon ultima, Uma Thurman consacrandone la fama di attrice. Musa perfetta, è lei poi la protagonista assoluta dei due capitoli di Kill Bill che forse diventeranno tre: «L'ho implorato di annunciare ufficialmente che Kill Bill 3 non si farà, ma lui si rifiuta, gliel'ho chiesto perché tutti mi fanno questa domanda e non ne posso più. Ma lui dice di amare a tal punto il mio personaggio, quello della Sposa, da non sentirsela di dire mai più», ha spiegato l'attrice, che sembra aver avuto un ritorno di fiamma con il regista al festival di Cannes dello scorso anno per il ventennale di Pulp Fiction .

Quando la vita è arte, e viceversa.

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