Cultura e Spettacoli

La storia di un sisma infinito

La storia di un sisma infinito

Elena Costantino è una signora di 102 anni. Le sue origini sono nobili e calabresi. Quel terribile dicembre 1908 la baronessa Elena aveva quasi 3 anni: quanto basta per avere un nitido ricordo di quel che accadde anche sulla sponda calabrese. Già, perché si parla sempre, convenzionalmente, del “terremoto di Messina del 1908”. E forse perché, in effetti, Messina ha pagato un pegno elevato con le sue quasi 80mila vittime (anche se il dato è ufficioso visto che nella sciagura è andata distrutta tutta l’anagrafe comunale). Ma non bisogna dimenticare che il terremoto è stato di Messina e Reggio. E anche Reggio Calabria, con i suoi 12mila morti, non è stata da meno.

La testimonianza di Elena Costantino è una delle storie raccolte da una quarantunenne messinese doc, Eleonora Iannelli, giornalista del quotidiano Il Giornale di Sicilia che, nella sua prima avventura editoriale pubblicata da Kalos (www.kalosonline.com), Messina 1908-2008 Un terremoto infinito ha raccolto storie vere, di vita vissuta, saggiamente raccontate sottoforma di piccoli ma efficaci flash da leggere tutto d’un fiato tanto sono avvincenti. Storie raccolte da una messinese doc “rispolverando – come si legge nell’Introduzione – la memoria della mia famiglia (…) scampata alla morte e all’estinzione, con vicissitudini rocambolesche”.

Rocambolesche. Come le storie di Giuseppe D’Angiolini, giovane salvato dai marinai russi dopo undici giorni; di Nicola Barillaro, che vide la luce proprio negli attimi in cui la terra tremava; di Cesare Incerpi, musicista che la sera prima aveva suonato al maestoso Teatro Vittorio Emanuele per la rappresentazione dell’Aida di Giuseppe Verdi. Una sera prima assolutamente normale durante la quale nulla lasciava presagire quanto sarebbe accaduto di lì a qualche ora: quei 31 secondi (tanto è durato il sisma) che hanno cambiato la città. Una città che è cambiata, che è “tornata alla vita ma rimasta incompiuta”. Un aspetto, questo, che Eleonora Iannelli analizza nella seconda parte del libro, di taglio più giornalistico. Una sezione in cui la Iannelli ha saputo coniugare bene spirito di denuncia (diverse sono le zone della città in cui sono ancora presenti baracche) senza tuttavia cadere nella polemica a tutti i costi. Per finire una piccola rassegna stampa di giornali dell’epoca.

Un libro arricchito da contributi importanti: la prefazione curata da Bianca Stancanelli del settimanale Panorama e l’apporto, anche se ovviamente non diretto, della Casa Reale dalla viva voce del pronipote Emanuele Filiberto. Due figure molto amate a Messina quella di Vittorio Emanuele III e della moglie Elena di Montenegro che “smessi” i panni regali, indossò quelli di crocerossina, mettendo a disposizione la propria nave per il soccorso dei feriti.

O lo stesso Vittorio Emanuele III che, tornato sul luogo del disastro qualche mese dopo, di fronte allo scempio del ritardo nei soccorsi, accolto in pompa magna da alcuni funzionari del Genio Civile, li apostrofò con un sonoro “Andate a lavorare”. Storie vere. Per non dimenticare. Per raccontare sì della morte di Messina. Ma pure della sua rinascita: una rinascita che certamente deve ancora essere completata.

Ma che non è impossibile.

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