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Strage a Lamezia Terme, travolti e uccisi 7 ciclisti da un marocchino drogato

Con la sua Mercedes è piombato su un gruppo di amici che pedalavano: sette morti e tre feriti gravi. L'immigrato ha tentato un sorpasso folle: al suo fianco aveva il nipotino

Strage a Lamezia Terme, 
travolti e uccisi 7 ciclisti 
da un marocchino drogato

Lamezia Terme - «Rosario dove sei? Dove ti hanno portato?». Piange disperatamente Gennaro Perri, uno dei quattro ciclisti rimasti feriti nel tragico incidente di ieri mattina dove sette persone, che pedalavano in gruppo con lui, hanno perso la vita. Nessuno ha il coraggio di dirgli che Rosario è morto. Gennaro Perri, nel lettino dell'ospedale di Lamezia Terme in cui è ricoverato, racconta ancora terrorizzato la dinamica dell'incidente: «Ho visto quella Mercedes che ad un certo punto, in un tratto in rettilineo, mentre tentava un sorpasso, ha cominciato a sbandare. Non abbiamo avuto il tempo di renderci conto di quello che stava accadendo». Era una normale domenica di dicembre, di sole e bel tempo, e i soliti amici, amanti della bicicletta, si erano ritrovati tutti insieme per il solito giretto, un classico della domenica. Di solito da Lamezia Terme si pedalava verso Pizzo ma ieri la scelta è caduta nella direzione opposta ad Amantea, in provincia di Cosenza, cosi tutti in fila, come ormai facevano da almeno otto anni erano partiti intorno alle 8 di mattina, alle 13 li aspettavano a casa per il pranzo. Un pranzo che nessuno ieri ha consumato. Trascorse da poco le 12, un marocchino che guidava sotto l’effetto di cannabinoidi li ha investiti in pieno sulla Statale 18 in località Marinella di Lamezia Terme, ed è stata una strage: sette morti, ma il bilancio è ancora provvisorio, e quattro feriti, due dei quali sono in condizioni gravi. Non ancora accertata la dinamica dell’incidente, risulta tuttavia che il marocchino, Chafik Elketani, 21 anni, immigrato regolare ma senza patente perchè gli era stata ritirata sette mesi fa per un sorpasso azzardato, alla guida di una Mercedes grigio chiaro, e sempre tentando un folle sorpasso sulla Statale 18, ha investito il gruppo di ciclisti. L’investitore, che dopo il drammatico è finito con la propria autovettura in un terreno agricolo, ha riportato solo ferite di lieve entità ed è stato ricoverato presso l’Ospedale di Lamezia Terme, dove è stato sottoposto agli esami tossicologici cui è risultato positivo. Su di lui grava la pesante accusa di omicidio aggravato plurimo, per cui attualmente è in stato di arresto e piantonato. Al suo fianco, in auto, c’era anche il nipotino di dieci anni, illeso.
Il sindaco di Lamezia ha proclamato il lutto cittadino per il giorno in cui verranno celebrati i funerali delle vittime. Pesante il giudizio sull’accaduto di Sandro Mazzatorta Capogruppo della Lega in commissione di Giustizia al Senato, che affermato l’assoluta necessità di intervenire sul reato di omicidio colposo da incidenti della strada. É assolutamente inconcepibile che la condanna per una strage come quella di accaduta a Lamezia, comporti solo pochi mesi di reclusione per il responsabile, che non vengono neanche scontati per gli innumerevoli benefici che la Legge prevede.
Salvatore Mancuso era insieme al gruppo di ciclisti falciati dall'auto pirata, poche ore prima dell'impatto: «Mi sento fortunato, sono vivo per la pioggia. Dovevamo andare verso Amantea - racconta, piangendo, sul luogo della strage - ma quando siamo arrivati verso Campora San Giovanni ha iniziato a piovere ed io ed altri tre del gruppo abbiamo deciso di tornare indietro. A casa mia moglie ha ricevuto una telefonata e un amico le ha detto: non so come dirtelo, ma forse tuo marito è rimasto coinvolto in un incidente. Lei ha risposto che ero sotto la doccia, ma io ho subito capito». Quelle biciclette attorcigliate su se stesse, con accanto i corpi dei ciclisti, come cavalieri morti in battaglia accanto ai loro cavalli, è un’immagine incancellabile. «Quello che abbiamo trovato arrivando qui - racconta Silvio Rocca, uno dei soccorritori - è stato uno scenario impressionante. Indescrivibile. Nemmeno una bomba avrebbe potuto provocare qualcosa del genere».

Una passione, quella per il ciclismo amatoriale, che accomunava tutte e sette le vittime: dall’avvocato al responsabile di una palestra e ad un meccanico, e che, invece, li ha divisi per sempre dalle loro famiglie nella prima giornata di freddo invernale, a pochi giorni di un Natale che per le famiglie delle vittime sarà soltanto di dolore e disperazione.

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