Cultura e Spettacoli

"Stranger Things" inno all'estetica degli anni Ottanta

"Stranger Things" inno all'estetica degli anni Ottanta

L'offerta, d'accordo, è ormai al limite del cosiddetto overbooking. Ce n'è davvero per tutti i gusti e di tutti i generi, al punto che se paradossalmente si volesse vivere in un mondo parallelo fatto soltanto di serie tv potremmo non uscire più di casa. Eppure è necessario fare un distinguo tra quei prodotti, pure di qualità, destinati a evaporare nei meandri della programmazione e quelli che invece hanno più di una chance di «restare», aspirando a un posto di rilievo nella storia della televisione recente.

Il nuovo pubblico di consumatori sembra gradire in particolare le saghe criminose - da qui il successo di Narcos, Gomorra, Suburra - e le vicende spostate nel tempo che rimandano a quel gusto vintage e nostalgico, la retromania ben descritta dal critico musicale Simon Reynolds. Il passato, in effetti, ci protegge, ci disegna intorno un'atmosfera ovattata e morbida, permettendoci infine di sospendere il giudizio sul presente e di rivivere con commozione il tempo della nostra età dell'innocenza.

Da molti definita la miglior serie del 2016, Stranger Things ha assunto le dimensioni di un piccolo fenomeno sociale: pensata come prodotto di culto, ha rotto gli argini dei «pochi ma buoni» per diventare oggetto di aspettative e discussioni in una fascia di pubblico molto ampia. Attesa con ansia e finalmente disponibile dal 27 ottobre su Netflix, Stranger Things 2 presenta nove episodi nuovi che in molti si sono divorati in meno di un weekend, ritrovando i quattro eroi bambini - Dustin, Mike, Lucas e Will - che, spinti dalla naturale curiosità, dal ficcare il naso ovunque sfidando il pericolo, scoprono che nella loro cittadina in Indiana una realtà parallela, il mondo di sotto, con la sua forza misteriosa agisce sulle vite di tutti.

La seconda stagione si arricchisce di nuovi personaggi: Bob, il compagno di Joyce, la madre di Will; Max, la ragazzina appena trasferita dalla Florida con Billy, suo fratello 17enne e violento; il dottor Owens, lo scienziato che ha il compito di tenere segrete le «cose più strane» che stanno accadendo ad Hawkins; e soprattutto Kali, tatuata con il numero 008 e ancor più iconica della precedente 011 per via della cresta punk.

Impensabile spoilerare la storia che si arricchisce di particolari e intrighi, tra colpi di scena e caratteri degli attori che vanno definendosi. Il fascino di Stranger Things 2 sta nell'aver anticipato il ritorno all'estetica degli anni '80, a lungo bistrattati come il peggior decennio del dopoguerra, e invece ricchi di spunti sperimentali. Non solo citazioni dal cinema del genere science fiction, dai romanzi di Stephen King, dalla letteratura per l'infanzia. I creatori Matt e Ross Duffer mettono in scena quel mondo che stilisticamente ha segnato l'approdo alla contemporaneità. Ciò significa che, con ottima probabilità, dopo tanto revival dedicato ai '70 ci si spingerà più avanti a rintracciare idee innovative e curiose in un'epoca davvero interessante e fervida.

La stessa cosa sta accadendo nell'arte visiva e non penso si tratti di una coincidenza.

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