Politica

LA STRATEGIA DEL RISPETTO

La sinistra non ci sperava più perché, fin dal giugno 2001, quando si insediò il governo di centrodestra, ha sempre sperato di metter l’uno contro l’altro il presidente Ciampi e il premier Berlusconi. Adesso vede nella divergenza sulla data di scioglimento delle Camere l’occasione dell’ultima ora. Perché Berlusconi afferma di aver bisogno di un altro po’ di tempo per fare approvare provvedimenti importanti e anche per varare il testo della legge sulla inappellabilità dopo i rilievi dello stesso Ciampi. Ieri l’incontro al Quirinale è stato interlocutorio, ma viene in mente quella primavera del 2001 quando il Quirinale attese che il quarto governo di centrosinistra approvasse la riforma del Titolo V della Costituzione per poi sciogliere le Camere. Contrapporre il presidente Ciampi al premier Berlusconi è stato visto, a sinistra, come il fattore che avrebbe fatto la differenza tra i due schieramenti. Una prima linea guida è stata quella di contrapporre l'europeismo di Ciampi al presunto euroscetticismo di Berlusconi; poi si è visto che i due Paesi guida dell’Ue, Francia e Germania, erano stati i primi - Portogallo a parte - a violare il Patto di stabilità, e soprattutto si è visto che due Paesi europeisti della prima ora, come Francia e Paesi Bassi, avevano affossato il Trattato costituzionale.
Una seconda linea guida è stata quella dei rinvii alle Camere di alcune leggi votate dal Parlamento, presentate e interpretate dalla sinistra come altrettanti schiaffi al centrodestra mentre in realtà erano solo una doverosa forma di esercizio del potere presidenziale, esercitato da tutti i predecessori di Ciampi verso qualsiasi governo. Con il risultato che i rilievi di Ciampi sono stati tenuti nella dovuta considerazione, in parallelo alle rivendicazioni, fatte da entrambi i presidenti delle Camere, delle prerogative del Parlamento secondo la Costituzione vigente.
Una terza linea guida è stata quella delle considerazioni e delle iniziative presidenziali sulla situazione economica, il rilancio del prodotto italiano all'estero, la competitività, interpretate dalla sinistra come una prova del «declino» italiano. Poi si è visto che, pur tra le difficoltà oggettive, il governo ha realizzato non poche cose ed è anche emerso che, in un'economia di mercato, spetta alle imprese investire, innovare e rischiare per essere competitive.
Qualcuno oggi dirà che siamo allo scontro istituzionale. La realtà è diversa: gli obiettivi del governo sono legittimi e il Quirinale non può non tenerne conto. Ma se guardiamo all’intera legislatura, di sicuro la sinistra non ha nulla da rimproverare al presidente Ciampi. E la destra ne ha apprezzato la sua linea di interprete della Costituzione e Berlusconi, in particolare, non ha mai seguito le suggestioni allo scontro che occasionalmente provenivano da alcuni elementi della sua parte, rivolti, più che al Presidente, all'ambiente del Quirinale. Forse l’unica cosa che la sinistra rimprovera a Ciampi è quando, poche settimane fa, ha fatto propria la tesi di Berlusconi che l'Italia non ha partecipato alla guerra d'Irak, ma è entrata dopo, in base a una risoluzione dell'Onu, per contribuire alla ricostruzione e all'affermazione della democrazia in quel Paese-chiave del Medio Oriente.
Questa strategia del rispetto tra Quirinale e Palazzo Chigi, durata per l'intera Legislatura, che va a merito principale dei rispettivi titolari, non dovrebbe venire meno proprio alla fine. La campagna elettorale è dura, ma essa non deve coinvolgere le istituzioni.

Anche perché il primo atto del nuovo Parlamento sarà proprio l'elezione del successore di Ciampi.

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