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Suicidio assistito: è giusto? "Non si uccide un uomo solo perché è depresso"

L'opinione dello psicopatologo Antonio Tundo: "Una cosa è aiutare i malati terminali a non soffrire più, un’altra è reclutare un medico che ammazzi chi ha un male curabilissimo" SONDAGGIO Cosa pensi del suicidio assistito?

Suicidio assistito: è giusto? "Non si uccide un uomo  solo perché è depresso"

Professor Antonio Tundo, direttore dell'Istituto di psicopatologia a Roma, Lucio Magri ha pianificato la propria morte a tavolino perchè era depresso. La sorprende?

«No affatto, mi disturba piuttosto il messaggio disinformativo trasmesso attraverso questo caso».

Cioè, sono depresso e quindi mi ammazzo?

«No, sono depresso e ho trovato un medico disposto ad ammazzarmi».

Magri è andato in Svizzera e con i soldi si ottiene tutto.

«Ma in quelle cliniche i medici aiutano i pazienti terminali a smettere di soffrire, non un semplice depresso a morire. La sua malattia era curabilissima».

Ma i depressi pianificano spesso il proprio suicidio?

«Purtroppo sì e lo mettono pure in pratica. Il 60% dei suicidi in Occidente sono il prodotto del male oscuro».

Quante volte i suoi pazienti le dicono che vogliono farla finita?

«Almeno tre o quattro su dieci lo dichiarano apertamente. E quasi il 15% lo programma in tutti i particolari».

Come decidono di farla finita?

«I maschi in maniera violenta come lanciarsi dalla finestra, spararsi o impiccarsi. Le donne scelgono vie dolci, come tagliarsi le vene, i farmaci, il gas».

Quali sono i pensieri più ricorrenti di un depresso?

«Perde l’autostima, afferma di non valere più nulla, di essere finito. Pensa di non avere speranza e futuro, di non aver possibilità di recupero. Si sente incapace, stanco, vecchio, non riesce a ragionare, a memorizzare».

Dunque non è solo la psiche ad andare a tilt.

«La depressione non è solo un male dell’anima ma coinvolge anche il fisico».

Chi sono quelli più colpiti dalla depressione?

«É una malattia non democratica: aggredisce molto di più le donne rispetto agli uomini».

Questione di ormoni?

«Anche. Gli ormoni femminili rendono più sensibili l’organismo alla depressione. Inoltre c’è il fattore familiarità e infine quello sociale: le donne hanno un carico fisico ed emotivo molto pesante da sopportare: casa, figli, marito, genitori, lavoro».

A che età si può essere depressi?

«Anche a 13-15 anni. Negli ultimi anni c’è stato un abbassamento della soglia di comparsa. Contribuiscono bevute, spinelli, sballo, mancanza di sonno».

Ci sono depressi insospettabili?

«Alcune persone, pur soffrendo, riescono a mantenere un’apparenza di normalità, ma con grandi sforzi».

Vivono male e basta?

«No, nascondono il disagio anche a se stessi, non chiedono aiuto. E la loro prima manifestazione eclatante li porta diritti al suicidio».

La crisi economica o la perdita di un lavoro possono far cadere in depressione?

«Certamente. Ci sono state vere epidemie in Francia collegate alla disoccupazione».

Quali sono i primi sintomi che devono metterci in allarme?

«Dormire male, svegliarsi stanco la mattina, avere poca voglia di svolgere le attività quotidiane, accusare mal di testa o una cattiva digestione, perdere l’appetito».

A volte si dà la colpa al cambio di stagione.

«Ma con la depressione i malesseri appaiono chiari al mattino e migliorano senza un motivo la sera».

Le armi più efficaci per combattere il male oscuro: chimiche o psicologiche?

«Non c’è più questa guerra. Se la depressione è medio-grave ha bisogno di una cura farmacologica, una forma lieve può migliorare anche con la psicoterapia».

Dalla depressione si guarisce?

«Si risolve nell’80% dei casi. E comunque si migliora sempre».

In che tempi?

«Un risultato è palpabile dopo sei-dodici settimane. Per i casi gravi servono anni».

Quali sono le cicatrici che restano?

«Qualche volta, passata la fase acuta, rimane la tendenza ad essere solitari, irritabili.

Ma i sintomi residui si cancellano con la psicoterapia».

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