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"Sulla scuola ideologie deleterie"

Il Cav rilancia la libertà di scelta educativa. Ma il Pd non ci sta. Bersani pretende le dimissioni della Gelmini. E Franceschini fomenta lo scontro: "In piazza contro gli insulti del premier". Ma Berlusconi: "Le mie parole strumentalizzate. Il governo ha saputo restituire dignità alla scuola". Il ministro dell'Istruzione: "La scuola non è di proprietà della sinistra"

"Sulla scuola ideologie deleterie"

Roma - L'attenzione per l’educazione è il primo e fondamentale atto di un esecutivo che vuole favorire lo sviluppo e la crescita di un paese. Proprio per questo, il premier Silvio Berlusconi è tornato a deprecare una scuola pubblica che "inculca ai ragazzi valori diversi da quelli delle loro famiglie" rilanciando così al centro del dibattito politico la libertà di scelta educativa, vero e proprio cardine di una società liberale. Cadendo ancora una volta nell'errore dogmatico che equipara ciò che è pubblico con ciò che è statale, l'opposizione è subito saltata al collo del Cavaliere accusandolo di sminuire la scuola. Ma il premier ha smascherato la sinistra ricordando che il governo ha avviato una profonda e storica riforma della scuola "proprio per restituire dignità a tutti gli insegnanti che svolgono un ruolo fondamentale nell’educazione dei nostri figli in cambio di stipendi ancora oggi assolutamente inadeguati".

I costi della scuola pubblica Ogni studente che frequenta la scuola statale "costa" di più rispetto ad uno iscritto in un istituto paritario. Dati alla mano, infatti, per ogni iscritto ad una scuola non statale lo Stato contribuisce con circa 600 euro all’anno, mentre un iscritto alla scuola statale il costo lievita ben oltre i seimila euro all’anno. Proprio per questo, oltre a garantire un percorso educativo liberamente scelto dai genitori per i propri figli, una maggiore offerta formativa negli istituti non gestiti dallo Stato evita una migrazione di studenti verso le scuole pubbliche. Una migrazione che avrebbe un impatto consistente (e deleterio) sul bilancio dello Stato. In un sistema pluralistico la vera rivoluzione è, dunque, l’introduzione del buono scuola: un voucher da spendere nell’istituto che i giudicano giudicano migliore per i figli. In questo modo, oltre a garantire un risparmio per l'erario pubblico, vengono anche premiate le scuole migliori. I genitori sono infatti portati a scegliere il meglio che c'è sul mercato facendo così crescere il livello qualitativo degli istituti.

L'opposizione alza le barriere Il leader piddì Pierluigi Bersani si limita a strumentalizzare le parole di Berlusconi pur di non entrare nel merito del dibattito sul pluralismo scolastico. "La scuola pubblica è nel cuore degli italiani - tuona Bersani - da Berlusconi arriva uno schiaffo inaccettabile". Posizione fatta propria anche dal finiano Italo Bocchino che accusa il Cavaliere di "screditare così il grande patrimonio educativo, istruttivo e culturale rappresentato dalla nostra scuola". In realtà, l'intento del capo del governo era tutt'altro: "Le mie parole sono state travisate e rovesciate da una sinistra alla ricerca di polemiche infondate, strumentali e pretestuose". I fatti stessi lo dimostrano. Le riforma avviata dal governo punta proprio a "restituire valore alla scuola pubblica". "Questo non significa - avverte lo stesso Berlusconi - non poter ricordare e denunciare l’influenza deleteria che nella scuola pubblica hanno avuto e hanno ancora oggi culture politiche, ideologie e interpretazioni della storia che non rispettano la verità e al tempo stesso espropriano la famiglia dalla funzione naturale di partecipare all’educazione dei figli". 

La fine di un'epoca Il nuovo impianto portato avanti dal governo mira infatti a togliere la scuola dalle mani della sinistra e del sindacato. "La scuola appartiene agli italiani", ha sempre ripetuto la Gelmini sin dagli inizi della sua legislatura. Da quel momento ha, infatti, preso il via una "rivoluzione della responsabilità e del merito", uniche vere leve di mobilità e progresso sociale. Ma la sinistra non vuole perdere certi privilegi consolidati col tempo. Se da una parte Bersani arriva a chiedere le dimissioni della Gelmini, Dario Franceschini corre subito a chiamare la piazza. "Ogni giorno Bersani chiede in maniera scomposta le dimissioni di qualche esponente del governo", ribatte la Gelmini invitando il leader Pd a "riflettere sugli errori storici della sinistra". Da qui la necessità di abbandonare vecchi slogan e puntare piuttosto sul merito, l’efficienza e la valutazione.

Valori ancora troppo distanti dalla sinistra che guarda, invece, alla scuola come un luogo per l'indottrinamento.

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