Controcultura

"Summer of Love": la nostalgia non va in ferie

Il documentario di quattro puntate, in onda il martedì in seconda serata su Sky Arte, che ripercorre gli eventi dell'estate del 1967 a San Francisco

"Summer of Love": la nostalgia non va in ferie

La ricorrenza esatta cadeva lo scorso anno, ma poiché è estate, torna bene anche nel 2018, per una rivoluzione nel costume, nella musica, nella società partita da San Francisco e diffusasi come un virus benefico dalla West Coast americana all'Europa occidentale: Amsterdam, Londra, Parigi. Il trionfo dell'era beat, del Flower Power, della psichedelia, dell'antimilitarismo, quando per essere giovani bisognava essere così.

Si riparla dunque di Summer of Love con il documentario di quattro puntate il martedì in seconda serata su Sky Arte. Una suggestione ben nota ai più maturi e capace ancora di esercitare un grande fascino tra quei ragazzi dallo spirito vintage che non si accontentano dei rapper alla Young Signorino e vanno a cercare il senso di libertà tra i ricordi dei loro nonni. Perché quelli erano tempi di ribellione fiera e autodistruttiva, che nel rock, nelle droghe, nella sessualità, trovava le ragioni di un profondo scontro generazionale, il primo così evidente dal secondo dopoguerra. Cose di cui parlavano i poeti della Beat Generation, le canzoni di Dylan, Joan Baez, Grateful Dead, Simon & Garfunkel, Jimi Hendrix e, in Inghilterra, i Beatles passati dal pop alle atmosfere mistiche e acide di Sgt. Pepper's.

La prima delle quattro puntate, incentrata proprio sul sesso, non convince però fino in fondo. Dalle inquietudini e dalla voracità bulimica di Janis Joplin, dall'esibizionismo di Jim Morrison, l'analisi scivola su comportamenti e decori pittoreschi di un erotismo trasgressivo e divertito che assimila ormai diverse mode e diversi tempi. La spinta della Summer of Love fu destinata a esaurirsi dopo Woodstock, l'omicidio di Altamont, la strage compiuta dalla «Famiglia» di Manson e la guerra in Vietnam; meglio dunque ribadirne i contorni mitici, soprattutto quelli legati all'incredibile stagione musicale (l'asticella qualitativa era altissima, il presente al confronto impallidisce) che parlarne in termini di reducismo post-hippie. Le interviste a diversi vecchietti che nel '67 praticavano l'amore libero o la bisessualità mettono addosso un po' di tenerezza, rivelando così quell'atteggiamento velleitario in cui valeva tutto. Più che di rivoluzione, in fondo, si trattava davvero di una grande festa a cielo aperto in uno dei Paesi più belli del mondo, la California, cominciata in gennaio con il mega raduno Human Be-In di fronte al Golden Gate.

L'importante è, nel caso di ricorrenze come questa, non indulgere in eccessive celebrazioni che finiscono per scivolare nella retorica. Siamo davvero sicuri che quei tempi siano stati migliori di quelli in cui stiamo vivendo? E la nostalgia non è forse un sentimento abusato per non prendersi la responsabilità di cercare qualcosa di nuovo nel presente?

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