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Superata Roma ladrona: la Lega vuol salvare la Casta

Su 26 deputati che hanno fatto ricorso contro lo slittamento dei vitalizi, 15 sono leghisti. Il Fli attacca: ecco la vera Casta. Condanna di "Avvenire"

Superata Roma ladrona: la Lega vuol salvare la Casta

Roma - Non avrà fatto un gran piacere a Umberto Bossi sapere che la Casta è soprattutto leghista. La forza di opposizione unica infatti ha il maggior numero di deputati ricorrenti contro l’abolizione del vitalizio per i parlamentari. Su 26 che hanno protestato formalmente per la fine del privilegio, ben 15 sono del Carroccio (soprattutto ex parlamentari). I partiti più ostili ai padani non aspettavano occasione migliore per affondare il colpo: «Magnifico scoprire che ben 15 ricorsi sui tagli dei vitalizi alla Camera vengano da esponenti della Lega Nord - commenta per esempio Nino Lo Presti di Futuro e Libertà - È chiaro che il celodurismo contro Roma ladrona del Carroccio sia soltanto un bluff, e si afflosci quando si parla di denaro». La difesa dei «valori della gente del Nord», per i 15 deputati, continua implacabile Lo Presti, «passa attraverso la salvaguardia del proprio portafoglio».
Aveva scontentato soprattutto i quasi cinquantenni l’iniziativa di Montecitorio, resa obbligatoria dall’ultima manovra economica, di abolire il vitalizio. Deputati e dipendenti della Camera devono ora adeguarsi al regime pensionistico degli italiani, il contributivo. Prima di adesso, al parlamentare bastavano i cinquant’anni di età per percepire la pensione. Con il passaggio al nuovo regime, e l’età minima per riscuotere sale a sessant’anni (a 65 per chi è rimasto a Montecitorio una sola legislatura).

In 26 avevano presentato ricorso. Ma fino a ieri i nomi non erano stati resi noti. Lo ha fatto ieri il consiglio di giurisdizione di Montecitorio. Il 18 aprile s’inizia a valutare le richieste. Dei 26, solo tre sono deputati in carica: il pidiellino Roberto Rosso, già sottosegretario al Lavoro del governo Berlusconi, il leghista Daniele Molgora, ex sottosegretario all’Economia, il pidiellino Giorgio Jannone. A loro bisogna aggiungere però un quarto deputato che da pochissimo è diventato ex, ossia Adriano Paroli del Pdl, che da gennaio ha deciso di dimettersi perché è sindaco di Brescia. Oltre ai 15 leghisti, gli altri ricorsi arrivano da area Pdl (7), Pd-Ulivo (3), Rifondazione (1).

Molti tra gli ex deputati erano parlamentari negli anni Novanta. Un buon numero di loro sta per compiere i fatidici cinquant’anni, come il leghista Edouard Ballaman (classe 62), Oreste Rossi (1964), Giulio Arrighini (’62). E non sono pochi quelli che, avendo esercitato la funzione solo per una legislatura, protestano contro uno slittamento ai 65 anni: sono stati incarica solo per un quinquennio gli ex dell’ulivo Michele Cappella, Antonio Borrometi, Ugo Malagnino, tutti a Montecitorio nella XIII legislatura, dal 1996 al 2001.

Da Rifondazione comunista proviene Martino Dorigo. Forza Italia e Alleanza Nazionale si dividono altri due ricorrenti a testa, tutti deputati prima della XIV legislatura, anni prima della nascita del Pdl. L’ex An Domenico Basile è stato deputato per una sola legislatura, ma una delle più corte della storia repubblicana: la XII, dal 1994 al ’96. Per i due anni da eletto aspira al vitalizio.
Rifondazione ha subito avviato un’epurazione morale dell’unico deputato ex Prc ricorrente, Martino Dorigo. La sua uscita dal partito, ha spiegato ieri il segretario Paolo Ferrero, era avvenuta da tempo: «Vogliamo precisare che Martino Dorigo è uscito dal Partito della Rifondazione comunista nel 1995. In nessun modo la sua posizione sui vitalizi è condivisa o può essere ricondotta a Rifondazione comunista». Silenzio dalla Lega.

Sull’Avvenire di ieri, invece, un duro editoriale si occupava proprio della «pattuglia di deputati, in carica o ex», che stanno tentando «l’estrema resistenza»: «Massima comprensione umana per il disagio personale» che ha innescato i ricorsi, scriveva il giornale dei vescovi, ma «dalle parti di Montecitorio, qualcuno non ha ancora capito qual è la vera posta in gioco, alla luce della spinta imperiosa che arriva dall’opinione pubblica per il superamento di un sempre più intollerabile regime di benefit a disposizione della classe politica».

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