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Tar, ora la sinistra cerca il golpe contro Cota

Oggi il tribunale decide sui tre ricorsi che vorrebbero annullare il voto regionale. Teoremi da azzeccagarbugli e tempi sospetti. Il centrodestra: "La volontà dei cittadini è chiara. Se perdiamo è un precedente aberrante per la democrazia"

Tar, ora la sinistra cerca il golpe contro Cota

Nel giorno del giudizio ne hanno fatto una battaglia di civiltà. Da una parte Roberto Cota, a dire che «ribaltare per sentenza la volontà popolare sarebbe un golpe giudiziario». Dall’altra il Pd, che all’urlo di «non vogliamo influenzare la magistratura», si è però preso la briga di pubblicare su Internet una lettera in cui il segretario regionale Gianfranco Morgando chiama alle armi parlando di «capitolo di una storia ben più ampia che riguarda l’intera nostra democrazia».
Oggi il Tar decide se i piemontesi devono tornare alle urne oppure no. Sulla vittoria di Cota, il primo governatore leghista a conquistare persino la rossa Torino, pesano tre ricorsi controfirmati da Mercedes Bresso, l’ex governatrice prima incredula e poi rabbiosa per una sconfitta che non si aspettava e che non ha digerito. Se il merito dei ricorsi contro tre liste è da Azzeccagarbugli, peggio è il come sono stati presentati. Tanto per cominciare la Bresso che prima li firma gridando alla difesa della democrazia, poi si dice disponibile a ritirarli in cambio del placet leghista alla sua nomina a presidente del Comitato per le Regioni europee.

Infine, ottenuto l’incarico, ci ripensa, e annuncia che toglierà la firma solo da due atti su tre.
Peggio ha fatto il Pd. Che prima si è dissociato dalla Bresso, poi, intravista la possibilità di tornare al governo della Regione, ha cambiato parere, creando uno scompiglio tale che a due giorni dal verdetto del Tar Morgando è stato costretto a scrivere ai coordinatori locali del partito per «assicurare uniformità e coerenza nei commenti», chiarendo una volta per tutte che «il Pd considera legittimi e fondati i ricorsi». Che poi. Dando per scontata la vittoria, il Pd ha pure aperto il domino delle poltrone, ipotizzando di candidare Sergio Chiamparino in Regione al posto di Cota e Piero Fassino a Torino al posto di Chiamparino.
Dal canto suo il centrodestra ostenta serenità, ma intanto ha portato la gente in piazza Castello in una sorta di fiaccolata preventiva, e lo stesso Umberto Bossi si è fatto vedere spesso da quelle parti. «Siamo tranquilli, pronti a imbracciare il fucile» sintetizzava con una battuta ieri un esponente leghista. In ballo ci sono oltre 75mila voti che il centrosinistra vorrebbe vedere annullati, contro i 9.372 di scarto con cui Cota ha scalzato la Bresso.
Se la politica è nel caos è perché la questione tecnica è a dir poco interpretabile. Il ricorso dei Verdi, per dire, contro la lista «Verdi verdi Vvff» di Maurizio Lupi, 37mila voti. «Solo uno scemo potrebbe aver fatto confusione alle urne col Sole che ride, visto che nel simbolo della lista di centrodestra c’è Cota che abbraccia un’orso» s’infervora Procacci. Però «la giurisprudenza ha chiarito che solo la federazione dei Verdi può usare la parola Verdi», scrivono i ricorrenti. Più complesso il caso di Deodato Scanderebech: macchina da 12mila voti, ha presentato la lista «Al centro con Scanderebech» utilizzando la legge regionale che consente ai capigruppo in Regione di presentare un’autodichiarazione sostitutiva delle firme, ma era capogruppo dell’Udc, e l’Udc a due mesi dal voto si è schierata con la Bresso.

Risultato: ora i legali centristi devono contestare la legittimità di una legge varata dalla stessa giunta Bresso.
Il caso più spinoso è quello «Pensionati per Cota», 27mila voti e passa, perché qui al ricorso amministrativo si affianca un esposto penale che ha portato al rinvio a giudizio immediato per firme false. La difesa obietta di aver «subìto un procedimento senza che sia stato garantito il contraddittorio», e annota come l’inserimento degli atti con rilevanza penale nel ricorso depositato al Tar fanno pensare «alla pesca a strascico»: «Chiamatelo ricorso ad esplorandum - ironizza Procacci -. Non avendo elementi, hanno fatto accuse generiche, integrandole poi grazie alle indagini della Procura, svoltesi con velocità straordinaria...».
La difesa di Cota oggi punterà sulla tardività dei ricorsi: secondo il centrosinistra è stato giusto presentarli a urne chiuse perché il Consiglio di Stato nel 2005 ha legato l’impugnazione alla proclamazione degli eletti. Ribatte il centrodestra che la legge 60 del 2010 e una sentenza della Corte costituzionale fissano invece i termini a prima del voto.

C’è poi quella che il legale definisce la «battaglia di giustizia in difesa del diritto di voto in tutto il Paese»: «La volontà dei cittadini di votare Cota risulta chiaramente, visto che il voto alla lista corrisponde a un voto al presidente». Perdere la partita, dice, sarebbe un danno per tutto il Paese: «È chiaro che noi faremmo immediato ricorso al Consiglio di Stato, sospendendo un’eventuale sentenza di ribaltamento del voto. Ma sarebbe un precedente aberrante.

E il rischio c’è».

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