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Il 23 apre la Fiera mondiale dell'orologeria che inaugurò la prima volta nel 1917

Fabrizio Rinversi

Baselworld 2017 sta per aprire i battenti (il prossimo 23 marzo) e diversi sono gli interrogativi che ci si pongono su quanto emergerà durante la faraonica fiera di settore che, quest'anno, festeggia i suoi cento anni. Era il 1917, infatti, quando si svolse la prima Schweizer Mustermesse Basel, un padiglione della quale venne destinato ad orologi e gioielli. Nel 1931, per la prima volta, ad una fiera specificamente riguardante l'orologeria elvetica, fu destinato un intero padiglione e, nel 1972, vennero invitati espositori provenienti da diversi Paesi europei; un parterre che fu ulteriormente ampliato nel 1986, quando le porte della cittadina bagnata dal Reno si aprirono ad aziende orologiere extraeuropee. Successivamente, la location fieristica, situata nell'area di Messeplatz, ha subito diversi ampliamenti e riorganizzazioni spaziali, tali da renderla, oggi, un riferimento assoluto e imprescindibile per i comparti dell'orologeria e della gioielleria. Ecco, allora, che l'allure globale di Baselworld è il momento e il luogo in cui si manifestano con chiarezza le proiezioni più veritiere sul settore, dopo le preziosissime indicazioni emerse durante l'esclusivo S. I. H.H. di Ginevra, svoltosi in gennaio, con una trentina di protagonisti prestigiosi dell'haut-de-gamme. Le abbiamo illustrate, sulle pagine del Giornale, il 4 febbraio scorso, evidenziando tra le pieghe delle centinaia di novità osservate, un importante desiderio di razionalizzazione delle collezioni, di focus di periodo precisi e mirati, di una ridotta tensione verso esercitazioni meccaniche stupefacenti, in sintesi, una forte tensione verso la riconoscibilità di brand, da sostenere attraverso dettagli storici, stilistici, tecnici e di design tali da costituire icone d'immediata identificazione. Chiaro che non tutti sono in grado di vantare il Royal Oak di Audemars Piguet, il Bulgari-Bulgari di Bulgari, il Reverso di Jaeger-LeCoultre, il Daytona di Rolex, lo Speedmaster di Omega, il Carrera di TAG Heuer, l'Extra-fort di Eberhard & Co., il Calatrava di Patek Philippe, il Navitimer di Breitling, il Tre Ponti d'Oro di Girard-Perregaux, il Portoghese di IWC, il Tank di Cartier, il Submersible di Panerai, il Golden Bridge di Corum, l'ultrapiatto di Vacheron Constantin, il tourbillon di Breguet, l'Altiplano di Piaget o il Big Bang di Hublot e potremmo continuare ancora a lungo -, ma non possono egualmente esimersi dal cercare di proporsi al pubblico in modo distintivo, in qualche modo unico. Da qui, oggi, passa il successo, perché la fase che stiamo vivendo, dopo anni decisamente problematici e un 2016 disastroso per le esportazioni delle industrie orologiere svizzere, necessariamente sta trovando dei nuovi equilibri con spazi operativi più contenuti è ben precisi, dove coloro che non riescono ad impattare virtuosamente e automaticamente sulle alternative di scelta dei target di riferimento, sono destinati ad arrancare nelle retrovie, con poche prospettive. In un simile contesto, siamo molto curiosi di capire se realtà in ascesa (come ad esempio, Frédérique Constant) confermeranno i plus dimostrati, o se gli smartwatch «haut-de-gamme» (TAG Heuer ha recentemente lanciato il nuovo Carrera Connected Modular 45) avranno un futuro, oppure se il rapporto qualità/prezzo si confermerà una chiave di volta imprescindibile.

Il prossimo mese, ve lo racconteremo con maggiore precisione.

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