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Tibet, il Dalai Lama: "Legge del terrore Cina, stato di polizia"

L'accusa del leader spirituale tibetano che attacca Pechino: "C'è un'aggressione demografica in Tibet". Poi ha chiesto "l'aiuto della comunità internazionale per rsiolvere la crisi"

Tibet, il Dalai Lama: 
"Legge del terrore 
Cina, stato di polizia"

New Delhi - La Cina è "uno stato di polizia" che ha adottato la "legge del terrore". È questa la dura accusa che il Dalai Lama ha lanciato oggi al governo di Pechino, dopo la dura repressione delle proteste degli ultimi giorni in Tibet. "La Cina sembra stabile, ma cela un grande rancore - ha detto il leader spirituale tibetano, spiegando che - è ancora troppo presto" per dire se l’approccio della Via di Mezzo scelto per il dialogo con Pechino sia già fallito. Durante una conferenza stampa, il Dalai Lama ha accusato inoltre la Cina di "aggressione demografica" ai danni del Tibet, dove la popolazione immigrata dalle altre regioni della Repubblica popolare sarebbe in forte aumento.

Aggressione demografica Secondo il leader religioso tibetano, in esilio in India, "esistono le prove" che nell’altipiano la popolazione cinese sia "in crescita mese dopo mese". Il Dalai Lama ha sostenuto che nel capoluogo Lhasa i tibetani sono appena 100mila, circa la metà degli immigrati cinesi. Le dichiarazioni del leader buddista, accusato da Pechino di trame "separatiste", arrivano dopo la conclusione di una breve visita in Tibet di un gruppo di diplomatici stranieri invitati dalle autorità della Repubblica popolare. Alcune settimane fa l’altipiano è stato teatro di sanguinosi scontri tra dimostranti anti-cinesi e forze dell’ordine. Occupato dall’esercito della Repubblica popolare nel 1950, il Tibet è attraversato da forti tensioni di carattere etnico-religioso e sociale. Il Dalai Lama ha sempre respinto le accuse di "separatismo" e sostenuto l’esigenza di una maggiore autonomia per l’altipiano.

Aiuto internazionale Il Dalai Lama chiede "l’aiuto" della comunità internazionale per risolvere la crisi del Tibet. In precedenza il capo spirituale dei buddhisti tibetani aveva pregato per le vittime degli scontri insieme ai rappresentanti di altre religioni in una cerimonia organizzata nella capitale indiana sul luogo della cremazione del Mahatma Gandhi. In una conferenza stampa il Dalai Lama ha detto che il suo popolo "non ha alcun potere salvo la giustizià, la verità, la sincerità ... È per questo che chiedo alla comunità internazionale di aiutarci. Qui sono impotente , posso solo pregare. Siamo aperti, aspettiamo" ha aggiunto il Dalai Lama rilanciando i suoi appelli al dialogo con Pechino. Il Dalai Lama, che vive in esilio in India dal 1959, ha ribadito ieri la sua volontà di dialogo con le autorità di Pechino per mettere fine alla protesta più massiccia dei tibetani degli ultimi venti anni, che ha già causato 19 morti secondo Pechino e 140 secondo le autorità tibetane in esilio.

La Cina lo accusa di aver fomentato i disordini allo scopo di sabotare le Olimpiadi di Pechino.

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