Cultura e Spettacoli

Tim Burton: «Il Leone d’oro un sogno tra i miei incubi»

Incontro con il regista che avrà la statuetta alla carriera

da Arzachena (Sassari)

Johnny Depp, il suo attore preferito, lo ha dipinto così: «Un uomo pallido, aria fragile, occhi tristi, e una testa di capelli che raccontano molto più di una lotta notturna con il cuscino». Questo umbratile fantasma scarmigliato è Tim Burton, classe ’58, decisamente un soggetto non convenzionale. E quindi vuoi mettere l’effetto di incontrarlo per una volta lontano dalle ambientazioni oscure dei suoi film fantastici, a mezzogiorno e sotto i 35 gradi del mercatino di San Pantaleo, in Costa Smeralda? Burton resta pallido nel cuore e nella carnagione, ma si materializza paonazzo per il gran caldo. Occhialoni neri e pizzetto, il maestro del cinema dark-fantasy di Hollywood veste rigorosamente di nero, variante ventilato-scamiciata. Sta vivendo un’estate italiana dal sapore speciale: si prepara a puntare la prua verso Venezia, dove il 5 settembre gli verrà consegnato il Leone d’Oro alla carriera e dove si terrà una retrospettiva dei suoi film. Un Leone che ha il gran merito di supplire all’Oscar mai vinto. La consacrazione, per un regista di culto. Partito come animatore dello Studio Disney, Burton è cresciuto con i corti sperimentali d’autore per poi conclamarsi celebrato regista di kolossal come Batman (1989) o il felliniano Big Fish (2003), forse il suo capolavoro. Due anni fa ha convinto critica e pubblico con le plastiline animate de La Sposa Cadavere, uscito sconfitto dalla corsa all’Oscar ma per molti il più bel film dell’anno.
Tim Burton è nel mare di Sardegna in compagnia della famiglia. Al suo fianco la compagna Helena Bonham Carter, e il piccolo Billy, 3 anni e un altro ancora nella pancia della mamma. Sempre incollato alla sua Helena, Tim mantiene la coppia unita anche sulla scena: i due hanno lavorato insieme in Big Fish e La sposa cadavere.
Dopo il trionfo in laguna con La Sposa Cadavere, che strappò applausi a scena aperta, Venezia la aspetta con un Leone d’Oro.
«Un grande onore che mi fanno l’Italia e la Mostra, qui ho molti fan e torno sempre volentieri. Grazie davvero. Un leone che risplende tra i miei incubi cinematografici».
Per l’occasione, in libreria esce la monografia Tim Burton, di Antoine de Baecque, firma dei Cahiers du Cinéma. E mentre Venezia la celebra, la festa si completa sui canali Sky con un ciclo «tutto Burton»...
«Non potevo chiedere di più....»
Sua moglie è così bella, e lei spesso le riserva ruoli perlomeno stravaganti, divertendosi a imbruttirla o addirittura a esibirla cadavere...
«Mi hanno rimproverato di avere giocato dei brutti tiri a Helena», sorride Burton. «Nel primo caso era una strega, nel secondo una sposa scheletrica. Ma per me erano solo atti d’amore per renderla dolcissima sul set».
A gennaio negli Stati Uniti uscirà Sweeney Todd, adattamento di un musical su un demoniaco barbiere interpretato da Johnny Depp e di nuovo da sua moglie...
«Questa volta niente pupazzi animati. Il film segna il mio ritorno alle riprese dal vero. È la storia ambientata nell’Inghilterra vittoriana di un barbiere imprigionato a causa di un errore giudiziario. Divorato dall’odio per chi lo ha separato dall’amata figlia, ritorna sulla scena per uccidere i suoi clienti».
Non le dispiace portare sullo schermo opere già note?
«L’opera di Stephen Sondheim è piena di humour, horror e emozioni, tutti elementi essenziali per accendermi».
E si prepara a girare già un altro film...
«Ho opzionato i diritti per la riduzione cinematografica dell’ultimo romanzo di Daniel Wallace, da cui avevo già tratto Big Fish. Si intitola Mr Sebastian and the Negro Magician e tratta di uno strano incontro con il diavolo e una famiglia di circensi.

Ne riparliamo a cose fatte nel 2008».

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