Tolleranza zero, la politica vincente del Viminale

Vittorio Mathieu

L’espulsione degli imam indesiderabili è un provvedimento amministrativo, ma è anche (lo si voglia o no) un’abile mossa politica. Molti, da alcuni anni, van dicendo al governo di centrodestra «se ci sei, batti un colpo», e il ministro Pisanu lo ha battuto. Iniziative del genere servono a far vincere le elezioni. Per questo non basta richiamarsi al precedente della Thatcher, di cui si son visti solo nel secondo mandato gli effetti più significativi. Questo precedente serve per chi è già convinto dell’opportunità che un secondo mandato ci sia, non per chi, pur senza alcuna inclinazione per le sinistre, rischia di farle vincere non andando a votare. Il centrodestra è andato al potere come reazione al consociativismo degli ultimi tempi democristiani: non potrà rimanerci se (foss’anche per buone ragioni) dà l’impressione di esser tornato al consociativismo di allora. La tolleranza zero verso quegli imam che inneggiano al terrorismo, o addirittura collaborano al reclutamento di terroristi, è utile a chiarire che ogni consociativismo è cosa del passato.
Se l’opposizione approva il provvedimento di Pisanu riconosce, finalmente, che il governo fa qualcosa di buono; se lo disapprova dimostra di essere il partito della resa materiale, oltre che morale. Quale ministro degli Interni, Pisanu si trova nella posizione ideale per lanciare questa sfida, e in molti casi ha già ottenuto dagli oppositori quel consenso di cui sono così avari; ma questo non diminuisce i suoi meriti, anche perché è facile ricordare il controesempio di ministri degli Interni democristiani (non certo dell’età aurea della Dc, beninteso) che fecero del «non dar fastidio ai comunisti» la loro bandiera. Che gli espulsi si lamentino è comprensibile, specialmente se dal loro trovarsi in Italia hanno tratto vantaggi economici non indifferenti (ma la macellazione non deve seguire regole tassative e avvenire solo in luoghi a ciò destinati dalle autorità?). Ma che dicano che la loro cacciata è incompatibile con uno Stato di diritto è assurdo. Perfino individui accreditati nel corpo diplomatico possono essere dichiarati «persona non grata» ed essere costretti ad andarsene: immaginiamoci se si dovesse aspettare i tre gradi di un processo per cacciare chi lavora per il terrorismo. Un altro imam ha fatto un’obiezione analoga: il provvedimento sarebbe «anticostituzionale». Siamo abituati a sentire obiezioni di anticostituzionalità dalla bocca di Gavino Angius; ma che una persona che è, o dovrebb’essere, esperta di diritto coranico venga a spiegarci che cosa deve o non deve fare uno Stato di diritto, questo è veramente paradossale.
Più sottile la questione delle scuole islamiche. Nessun dubbio che uno Stato liberale debba ammettere insegnamenti in contrasto con gli ideali che lo hanno ispirato. Però si può pretendere che questi insegnamenti non siano un incitamento a delinquere, e che avvengano alla luce del sole. Dunque in italiano, salva la possibilità d’introdurre tra le discipline l’arabo coranico, che non è più una lingua parlata. Su argomenti attuali gruppi lontani che parlano l’arabo non s’intendono tra di loro, e l’arabo degli studiosi dà l’impressione di essere simile al cinese dei mandarini. All’Unesco, a seconda della provenienza dell’oratore, dovevo sincronizzarmi sulla traduzione, ora in francese, ora in inglese, perché gli interpreti, pur bravissimi, non riuscivano a tradurre chi veniva da una regione diversa da quella di cui erano esperti. Gli scolari musulmani, oltre che a leggere il Corano, è bene dunque che imparino la lingua del Paese che li ospita, coma fa qualsiasi immigrato.

Insomma, l’apertura di Pisanu verso i musulmani moderati (che sono in maggioranza, ma stentano a prevalere anche in casa loro) è lodevole, ma lo è ancora di più quando serve a dar rilievo a un’intransigenza assoluta per tutto ciò che riguarda l’ordine pubblico.

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