Controcultura

Torna «Electric Ladyland» E Hendrix ci regala una Experience inedita

Per i 50 anni del disco un box con rarità e demo, un concerto e un film sulla registrazione in studio

Torna «Electric Ladyland» E Hendrix ci regala una Experience inedita

«A volte mi sento come se fossi un messaggero», diceva Jimi Hendrix in quel magico periodo creativo che fu il 1967-68. Mancavano pochi mesi all'uscita del suo doppio album - che cambiò la storia del rock - Electric Ladyland, con la sua provocante copertina piena di ragazze nude, e con gli ancor più provocanti suoni psichedelici e inimitabili del chitarrista.

Da allora è passato mezzo secolo, Jimi è morto a 27 anni proprio mentre la sua carriera sembrava votata ad un'altra imprevedibile svolta che portasse ad una sorta di rock sinfonico intinto nel jazz. Cinquant'anni e Electric Ladyland è più attuale che mai (pensate che tempi quelli, tre settimane dopo Hendrix uscì Sergent Pepper's dei Beatles!), così la famiglia Hendrix (insieme a L.L.C. e Legacy Recordings, la divisione catalogo della Sony) pubblica un sontuoso cofanetto celebrativo - The Jimi Hendrix Experience: Electric Ladyland Deluxe Edition - che si propone come una pietra angolare nella storia del rock. «Sentivo che quel disco - disse all'epoca Hendrix - che si formava sotto le mie mani giorno per giorno, era qualcosa di diverso dalla musica in circolazione, pensavo che fosse musica contro che partiva dalle radici del blues per spingersi il più lontano possibile». Il cofanetto è composto di quattro cd oppure di sette long playing e contiene il doppio album originale, remixato dal fedele compagno di Jimi Eddie Kramer e rimasterizzato dai nastri analogici da Bernie Grundman, Electric Ladyland: The Early Takes, che raccoglie le rarità, i demo e le outtakes (ovvero tutto ciò che è stato registrato in studio in quei giorni) e il concerto Jimi Hendrix Experience: Live at the Hollywood Bowl del 14 settembre 1968, che lo trasformò in una star da palcoscenico e che fa parte dei bootleg ufficiali meritoriamente pubblicati dalla famiglia. In versione Blu Ray c'è poi il documentario At Last... The Beginning: The Making of Electric Ladyland, che racconta per immagini tutto quanto successo in studio. «Ho sempre sognato di mixare Electric Ladyland con un suono surround 5.1 - ha dichiarato Eddie Kramer, che ha prodotto tutti i dischi di Jimi e quasi tutti quelli postumi -; mi è sempre sembrato lo strumento perfetto per il genere di cose avventurose che Jimi ed io tentavamo di fare nel 1968. Il brivido viscerale, quando abbiamo completato il primo mix surround di Voodoo Chile, era palpabile. Fu un'esperienza travolgente, un gioco di parole. Noi abbiamo visto questa canzone come il test del surround e nel momento in cui l'ho ascoltata ho ripensato a quei momenti in cui Jimi ed io stavamo mixando l'album in stereo, ridendo dei nostri tentativi di trovare quel suono elusivo».

Insomma l'occasione di ascoltare Hendrix come non l'avete mai sentito è ghiottissima. Basta ascoltare la citata Voodoo Chile, chiamata anche Voodoo Child (Slight Return), per essere sommersi da un mare di suoni in libertà o il rock blues acido di Crosstown Traffic dove si esalta il basso di Noel Redding. L'esplosiva formula in trio della Experience a tratti si dilata con l'inserimento di Stevie Winwood dei Traffic (vecchio amico del periodo londinese di Jimi) e del bassista dei Jefferson Airplane Jack Casady. Tutto in famiglia dato che, dopo il glorioso festival di Monterey, i Traffic fecero da battistrada al concerto dei Jefferson Airplane al Fillmore West di San Francisco, e in alcuni brani compare anche il futuro Band of Gypsys Buddy Miles alla batteria.

Una curiosità nei brani Rainy Day Dream Away e Still Raining Still Dreaming (dei cui accordi deflagranti e dell'uso potente del wah wah Kramer disse che ricordavano «qualcuno che buttasse giù una porta a un party psichedelico») suonate con i membri dei Serfs, una misconosciuta jazz rock band del Kansas. Long Hot Summer Night (di cui sono presenti la Take 1 e la Take 14 più tre demo) furono incise non agli Olympic Studios di Londra ma ai Record Plant Studios di New York, appena aperti dagli appassionati Gary Kellgren e Chris Stone. Nel brano spicca il pianoforte di Al Kooper, subito in sintonia con lo spirito di Hendrix e la virulenta batteria di Mitch Mitchell, mentre è assente Noel Redding con il suo basso. Grazie alla fama raggiunta con Hendrix, i Record Plant divennero la Mecca per tutte le star del rock. «Grazie a Jimi abbiamo fatto un proficuo business - ricorda Stone -; lo pagammo 100mila dollari e facevamo pagare 85 dollari all'ora. Ora costa 2 milioni e 2mila dollari al giorno».

Cosa volere di più da un bendidio del genere? Le fotografie inedite e rare (e i fogli di carta con i testi delle canzoni e i pensieri scritti a penna da Jimi) che illustrano il ricco booklet di quasi cinquanta pagine.

Commenti