Roma

«Torvaldaliga, riconversione subito»

Desideri (Lista Storace): «Marrazzo ostaggio dei verdi. Così si perdono milioni e posti di lavoro»

Antonino Torre

Il carbone divide il Lazio e fa scoppiare un caso nazionale. La centrale Enel di Torvaldaliga Nord, a Civitavecchia, produceva energia bruciando olio combustibile, doveva essere riconvertita a carbone su autorizzazione di Storace presidente della Regione, ma poi è arrivato Marrazzo e ha stoppato i lavori. Il Tar dovrà decidere oggi: comunque vada, quello che accadrà a Civitavecchia costituirà un riferimento importante nell’ambito dello sviluppo dell’intero paese che, come si sa, è costretto a comperare energia all’estero. Fabio Desideri, capogruppo della Lista Storace, difende la scelta originaria del carbone. E tiene a precisare un particolare ancora poco noto. Stranamente. «Marrazzo - spiega - ha sospeso i lavori di riconversione della centrale Enel, con il blocco delle cosiddette “opere a mare”, paventando la mancanza della valutazione di impatto ambientale per la costruzione del molo e della darsena. Non è così. Il progetto ha ricevuto, infatti, il via libera con la procedura prevista dalla legge 55 del 2002 (la sblocca-centrali) che prevede il rilascio, da parte del ministero delle Attività produttive, di un’autorizzazione unica per le infrastrutture connesse alla riconversione e all’esercizio della centrale. Sono incluse, quindi, le darsene per il carico e lo scarico dei materiali. Il bello è che la regolarità del procedimento è già stata confermata dal Tar che, in due occasioni, ne ha ribadito la legittimità, con la Regione schierata a fianco dell’Enel».
Ma perché non continuare a bruciare olio combustibile?
«La produzione di energia elettrica di un impianto come quello di Torvaldaliga comporta costi troppo elevati. Per questo, nel 2002, l’Enel presentò la richiesta di autorizzazione alla riconversione a carbone elaborando lo studio di impatto ambientale. I lavori dovevano partire ora, a marzo, per concludersi nel 2009 con enormi benefici economici per il territorio».
Può snocciolare qualche cifra?
«Esiste un’intesa tra Enel e comune di Civitavecchia. Oltre a compensazioni di circa 30 milioni di euro per il disagio derivante dal cantiere, l’accordo prevede azioni per il coinvolgimento dell’imprenditoria e della manodopera locale. Fino a oggi l’Enel ha assegnato lavori per oltre 100 milioni di euro. Ci sono poi le commesse dei grandi fornitori internazionali subappaltate agli imprenditori laziali. A regime il cantiere può occupare oltre 2.500 persone. I primi effetti del blocco sono stati la perdita del posto per 300 addetti alla darsena, il rischio disoccupazione per 1.200 operai impiegati nella riconversione, oltre ai danni per le imprese, molte delle quali rischiano il fallimento».
Ma il no al carbone è comunque forte, perché giudicato inquinante. O no?
«I limiti autorizzati per Torvaldaliga sono molto severi. Le emissioni della ciminiera rappresentano la metà dei massimi previsti dalle direttive europee, quindi un quarto dei limiti stabiliti dal nostro Paese. La centrale, grazie alle nuove tecnologie, abbatterà - e di molto - le emissioni: si registreranno diminuzioni dell’82 per cento per l’anidride solforosa, del 61 per cento per gli ossidi di azoto, dell’82 per cento per le polveri e del 18 per cento per l’anidride carbonica. La Regione potrebbe attivare controlli ambientali e sanitari coinvolgendo le comunità interessate. Aggiungo che il progetto Enel risponde all’esigenza di riequilibrio del mix combustibili, che oggi vede l’Italia sbilanciata verso il petrolio e il gas, con la conseguenza di aumentare la nostra dipendenza dai pochi paesi produttori. In sintesi, la conversione a carbone non solo conviene dal punto di vista energetico e del rispetto dell’ambiente, ma è auspicabile che avvenga in tempi brevi».
Come si spiega, allora, la scelta regionale del no al carbone?
«Dipende da pretestuosi motivi politico-elettorali. Nella maggioranza pesa la frangia ambientalista capeggiata dall’assessore verde che dice no a tutto, incurante degli effetti dei suoi diktat, che espongono l’amministrazione al rischio di una pesante richiesta di risarcimento danni».
C’è addirittura chi spinge per una riconversione a gas.
«Sì, è così. Non si tiene però in considerazione che, mentre le forniture estere sono insufficienti persino per gli attuali consumi del Paese, il metano è antieconomico per Enel e per il sistema industriale italiano. Tra l’altro, gli investimenti sostenuti dall’azienda risultano incompatibili con la riconversione a gas: equivarrebbe a gettare a mare mille milioni di euro già spesi».
Quali iniziative intraprenderà?
«Ho chiesto ufficialmente a Marrazzo, assieme a tutti i capigruppo delle forze di opposizione alla Pisana, la convocazione di un Consiglio regionale straordinario per entrare nel merito della questione.

Dal governatore del Lazio nessuna risposta».

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