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Tracce non rilevate e pc «sabotati» Tutti i buchi neri dell’inchiesta

PerugiaLa sentenza non cancella i dubbi. D’altro canto le difese, fin dalla prima delle 51 udienze del processo (iniziato il 16 gennaio) ne hanno sparsi a piene mani. È stato solo Rudy a uccidere? L’ultimo lo hanno ripetuto i difensori e riguarda quelle due macchie di liquido seminale (secondo il consulente di parte) rilevate sulla federa del cuscino, rinvenuto sotto il corpo della vittima e non analizzate dalla polizia scientifica. Quel reperto biologico – hanno fatto rilevare – potrebbe essere dirimente per attribuire la responsabilità dell’omicidio e magari allontanare i sospetti da Raffaele Sollecito. «L’esame non è stato fatto perché ininfluente» – ha replicato il pm Manuela Comodi. L’interrogativo però resta in piedi, irrisolto.
Come resta insoddisfatta la domanda sul Dna evidenziato sul gancetto del reggiseno di Meredith. Prova scientifica, è stato sottolineato. Ma la sostanza era nettamente inferiore al nanogrammo, troppo poco, in una traccia mista per poter attribuire il profilo emerso a Lele.
E ancora: Raffaele e Amanda hanno telefonato ai carabinieri prima dell’arrivo della polizia (come sostiene la difesa) o dopo, come afferma l’accusa, attribuendo il comportamento alla volontà di precostituirsi un alibi? L’orario di chiamata al 112 e l’ora che compare sulle immagini filmate della telecamera a circuito chiuso del parcheggio di viale Sant’Antonio non sono sovrapponibili, per cui l’incertezza resta.
E rimangono in piedi gli interrogativi sui computer dei vari protagonisti (Meredith, Amanda, Raffaele e persino della coinquilina Filomena Romanelli), tutti andati in tilt per uno choc elettrico. «Colpa della polizia» – hanno sostenuto le difese.
E a chi prestare fede sulle analisi dei pc: ai consulenti della difesa (Raffaele lavorava al computer completando la tesi e guardando un film) o a quelli dell’accusa (che rilevano nessuna interazione uomo-macchina e che fanno notare come i telefonini di Amanda e Raffaele si fossero spenti, quasi in contemporanea dopo le 21 e riaccesi dopo le 5 del mattino)?
A creare ancora di più confusione sono arrivate le due incursioni notturne nella casa ancora sotto sequestro giudiziario (ma ormai non più utilizzabili dalla scientifica e dai consulenti delle parti civili per eventuali repertazioni), fatte da sconosciuti che hanno portato via una valigia piena di coltelli, acquistati da Amanda in Germania e persino il materasso del letto di Mez.
L’accusa, poi, partita con l’ipotesi del movente del festino a base di sesso e droga, ha via via ipotizzato un movente causato dall’odio di Amanda per Mez per via, di denaro sparito, poi della diversità dei comportamenti igienico-sanitari nella vita in comune e del diverso approccio con l’altro sesso (l’americana di Seattle, si dice, portava gli uomini a casa; no uno solo, replica la difesa, la stessa notte in cui Mez ha dormito con il suo ragazzo italiano) o addirittura di un delitto senza movente. «Perché viviamo in un’epoca in cui la violenza è spesso, gratuita, «senza progetto», ha precisato il pm Comodi. «No, negli omicidi indiziari – ha replicato la difesa di Raffaele – il movente non è un optional».
Ed ancora l’attendibilità dei testimoni “a scoppio ritardato”, arrivati a più di un anno dall’omicidio, che ricordano, più o meno precisamente, di aver visto Mez, Amanda, Raffaele e Rudy insieme vicino alla casa di via della Pergola 7.
Poi il dubbio – quasi un peccato originario – della origine dell’indagine: l’interrogatorio, di Amanda durante la notte tra il 5 e il 6 novembre, con una dichiarazione spontanea che la Cassazione ha «espulso» dal processo perché fatta in violazione dei diritti della difesa.


Per la difesa di Amanda e Raffaele l’indagine frettolosa avrebbe spinto gli investigatori sulla pista dei due fidanzatini, perché “più facile” e immediata.

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