Roma

La tragedia del Darfur in 40 scatti

Silvia Castello

Quaranta fotografie per ricordare una tragedia quotidiana. Il segretario Generale dell'Onu Kofi Annan ha descritto la situazione del Darfur come «l’inferno della terra». Mentre gli Stati Uniti hanno apertamente definito «genocidio» le incessanti atrocità che attraversano il Sudan occidentale. Dal 2003 è in atto un conflitto che sistematicamente colpisce la popolazione civile: 100mila persone sono state uccise e per non soccombere alla violenza altri 2,2 milioni di individui sono fuggiti dai propri villaggi per trovare riparo all'interno del paese o nel confinante Ciad. «Refugees. Darfur - Bahr el Ghazal» è la mostra presentata al complesso monumentale del Vittoriano fino all’11 dicembre che racconta alcuni momenti della vita delle popolazioni residenti e dei profughi.
Sono 40 immagini del fotografo Marco Vacca che esprimono il dramma di questa guerra africana senza trascendere nell’orrore. «L’obiettivo dell’autore - spiega Laura Boldrini, portavoce dell’alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati - è quello di leggere la dignità nei volti assorti delle madri che tentano di salvare i figli denutriti, lo sfinimento di chi resiste alle privazioni ma anche la forza di chi ha perso tutto e stenta a vedere un futuro migliore. Sono immagini profonde e piene d’amore».
Marco Vacca (Roma, 1956) ha sempre affrontato temi di politica internazionale: dal conflitto in medio oriente all’Irak, dall’Angola al Ruanda, dai Balcani alla tragedia delle Twin Towers. E nel ’99 è stato premiato al World Press Photo.
Per le organizzazioni del Comitato Darfur è importante capire le cause dei conflitti e i contesti in cui questi si sviluppano, oltretutto la presenza di giacimenti di petrolio nella regione, rappresenta ora un nuovo elemento di complicazione, suscitando ulteriori azioni per il controllo del territorio.

L’organizzazione umanitaria ha analizzato le cause prime del conflitto facendole risalire «al problema della terra, dell’acqua, dei pascoli, della siccità che riduce drasticamente gli spazi vitali, portando le popolazioni di allevatori verso un declino carico di disperazione e quindi di spinte alla ricerca di nuovi spazi, a discapito di altre tribù».

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