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Trattativa Stato-mafia, sentiti Scalfaro e Ciampi

I magistrati di Palermo a Palazzo Giustiniani a Roma per interrogare i due ex presidenti della Repubblica che, nel '93, erano capo dello Stato e presidente del Consiglio. Il procuratore Messineo e i pm Ingroia e Di Matteo cercano conferme alle parole dell'ex Guardasigilli Conso sui 41bis non rinnovati ai boss 

Trattativa Stato-mafia, sentiti Scalfaro e Ciampi

Roma - Due ex presidenti della Repubblica. Entrano nel vivo le indagini dei magistrati di Palermo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia per fermare le stragi dei primi anni '90. È in corso a Palazzo Giustiniani il colloquio dei pm della procura siciliana con Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi, rispettivamente, all’epoca delle stragi del ’93, capo dello Stato e presidente del Consiglio. Poco prima delle 10 sono arrivati il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo con il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e il pm della Dda di Palermo Antonio Di Matteo.

L'audizione Nei giorni scorsi il Pdl aveva chiesto l’audizione di Ciampi e Scalfaro anche in commissione Antimafia dopo che l’ex ministro della Giustizia, Giovanni Conso, aveva dichiarato alla commissione guidata da Beppe Pisanu di non aver rinnovato nel 1993 il 41 bis per 140 detenuti per evitare altre stragi mafiose. Come la procura di Palermo, anche quella di Caltanissetta, che indaga sulla strage di via D’Amelio, potrebbe essere interessata a sentire i presidenti emeriti della Repubblica. "Scalfaro e Ciampi diranno di non sapere nulla. Ma noi non accetteremmo questa versione dei fatti" commenta il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, che poi critica "l’assurda posizione tesa a minimizzare" la vicenda sposata dai vertici dell’Anm. 

Altri interrogatori Non è la prima volta che i magistrati palermitani mettono piede al Senato per inchieste sulle stragi mafiose. Nel '97 fu ascoltato come persona informata sui fatti, l’allora presidente di Palazzo Madama, Nicola Mancino, ministro dell’Interno dal 1992 al 1994.

Mancino, che in una lettera al Corriere della Sera nei giorni scorsi ha voluto chiarire la propria posizione in merito al 41 bis, ricordando alcune testimonianze dell’epoca dalle quali emerge la sua posizione favorevole al carcere duro per i più pericolosi detenuti mafiosi.

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