Politica

Tribunale chiede di indagare Di Pietro

Il presidente Pomodoro trasmette ai pm di Milano un esposto dell’ex alleato Veltri. È necessario approfondire la gestione dei fondi elettorali: incassati dall’associazione Idv e non dal partito? Ma la procura per ora lascia la pratica tra le "notizie infondate". BLOG "A chi i voti del Pd? A Noi"

Antonio Di Pietro spa, nuova puntata. Sulla controversa gestione dei soldi pubblici da parte dell’ex pm di Mani Pulite, attraverso non si capisce bene quale soggetto - se la sua «associazione di famiglia» Italia dei Valori e/o il suo omonimo «movimento-partito» Italia dei Valori - il presidente del tribunale di Milano Livia Pomodoro ha attivato quella stessa procura in cui il Tonino nazionale un tempo giocava a tutto campo. La palla è passata così al pm Eugenio Fusco, che da mesi la sta trattenendo senza sapere bene cosa fare delle nuove circostanziate denunce di Veltri (nel 2004 alleato insieme a Occhetto per le Europee in una lista con Di Pietro, a cui ancora chiedono la loro parte di rimborsi elettorali). Il magistrato è indeciso se continuare a tenere la pratica scottante ricevuta dal presidente Pomodoro a «modello 45» (ovvero nel calderone delle notitiae criminis completamente infondate) oppure iscrivere il tutto a «modello 21», a «carico di noti».

Una differenza non da poco: nel primo caso il pm può infatti decidere di archiviare direttamente la pratica e di far morire seduta stante il procedimento senza che le parti possano metterci becco; nel secondo, deve optare invece per una richiesta di archiviazione su cui dovrà pronunciarsi un gip e su cui le parti potranno eventualmente avanzare opposizione.

Nonostante l’iniziativa del presidente del tribunale (che se avesse reputato l’atto totalmente infondato nemmeno l’avrebbe trasmesso alla procura) il fascicolo Veltri-Di Pietro ancora galleggia a «modello 45», appunto tra le notizie prive di qualsiasi fondamento. Il pm Fusco si è preso altro tempo e la cosa sorprende non poco Elio Veltri (leggere l’intervista sotto). L’avvocato di Veltri, Luigi Gianzi, è altrettanto perplesso: «Confermo che la pratica è ancora a modello 45. A prescindere da tutte le valutazioni sulla fondatezza in diritto e in fatto, anche da una lettura ictu oculi delle carte, come minimo meriterebbe una iscrizione a modello 21. Sostenere che determinate notizie di reato, che il presidente Pomodoro ha ritenuto meritevoli di un approfondimento da parte della procura, siano ritenute affatto meritevoli di approfondimento dalla stessa procura, beh... ce ne passa».

L’iniziativa del presidente del tribunale di Milano nasce da un ricorso rivolto al tribunale civile di Milano per chiedere la nomina di un liquidatore dell’«associazione Italia dei Valori» in quanto soggetto giuridico non legittimato a percepire i milioni di euro di fondi elettorali destinati ai «partiti», e non certo alle «associazioni di famiglia» come sembrerebbe essere quella di Di Pietro. Con l’ordinanza del 23 luglio 2008, il tribunale di Roma aveva constatato che esistono due soggetti distinti, aventi organi diversi, e quindi ognuno una propria autonomia: ovvero l’«associazione» Italia dei Valori (costituita da Di Pietro, dalla moglie e dalla fiduciaria, onorevole Mura) e il «movimento politico» vero e proprio. L’Associazione di famiglia si era presentata in giudizio affermando di essere il partito e in tale modo sostituendosi ad esso. Condotta di per sé strana e discutibile.
Leggendo gli atti, il presidente del tribunale si è convinto a trasmetterli alla procura dopo aver preso atto degli esiti delle ulteriori iniziative degli ex alleati di Di Pietro, come i controlli effettuati presso le corti di appello e il Viminale per capire quale soggetto, di volta in volta, effettivamente percepisse rimborsi elettorali. Controlli che a detta di Veltri avrebbero dimostrato lo schermo fittizio «con cui l’associazione familiare Idv - si legge nella memoria depositata - si sia potuta facilmente sostituire, nella richiesta e gestione dei fondi elettorali, attraverso proprie auto dichiarazioni non rispondenti al vero, al Movimento politico Idv, in modo che i fondi elettorali affluissero direttamente sul conto corrente intestato alla stessa associazione (nell’esclusiva disponibilità dei tre soci) e non invece al movimento politico che mai ha potuto esercitare alcuna ingerenza tanto che non risulta aver mai richiesto un codice fiscale. Se sono vere tali premesse, il movimento politico non ha mai richiesto e percepito fondi elettorali, tanto che non risulta aver mai richiesto un codice fiscale», tutto essendo rimesso al buon cuore e all’arbitrio dell’associazione.

Proprio per interrompere ciò che ai ricorrenti pare una evidente gestione «privata» e «personale» dei fondi pubblici, il 10 luglio scorso sul tavolo del presidente del tribunale viene recapitata la richiesta di nomina immediata di un liquidatore. E proprio in merito a questo meccanismo di condotte di sostituzione di un soggetto (l’associazione dei tre soci) con l’altro (movimento politico) nella richiesta e gestione dei fondi pubblici elettorali, il presidente Pomodoro ha ritenuto di trasmettere gli atti al procuratore capo. E ciò nella premessa, rimarcata da Veltri, che un soggetto diverso da un partito o da un movimento politico non possa avere in alcun modo titolo a richiedere in sostituzione e al posto di essi, questi fondi.

Nel frattempo (il primo dicembre 2009) Antonio Di Pietro è corso a sottoscrivere l’ennesimo atto notarile, l’ennesima rincorsa per tentare di dimostrare che nulla di illecito è stato commesso, e che l’associazione e il movimento-partito sono la stessa, identica, cosa.

Come Di Pietro scrisse a Vittorio Feltri quand’era direttore del quotidiano Libero.

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