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Tra tribunale e shopping Il Cav dalle foto rubate agli scatti dei sostenitori 

Il Cav a Milano: violata la mia proprietà. L’ironia davanti a palazzo di Giustizia: Ho ufficio qui

Tra tribunale e shopping Il Cav dalle foto rubate agli scatti dei sostenitori 

In aula c’è l’ibiscus («il più grande del mondo»), il museo degli agrumi e pure l’area per le tartarughe anziane. Insomma, c’è il racconto di Villa Certosa, «un parco delle meraviglie». Fuori, invece, c’è un piccolo bagno di folla in via Montenapoleone, saluti e clic di telefonini, istantanee natalizie dell’ex premier in vena di shopping. E c’è - sullo sfondo - un processo. Ma questo è un processo diverso, perché il Cav questa volta non è qui da imputato. È in tribunale per testimoniare da parte lesa. «L’harem di Berlusconi», era il titolo di copertina. Sottotitolo: «Dalla Sardegna le incredibili foto di cui si parlerà per anni». Per quegli scatti, opera di Antonello Zappadu, il direttore del settimanale Oggi Pino Belleri è imputato per ricettazione e violazione della privacy dell’ex presidente del Consiglio, ritratto nel parco della villa in compagnia di alcune ragazze. Ed ecco il punto. Sono «foto illecite». Primo, «era impossibile scattarle se non stando dentro la proprietà». Secondo, «dalle immagini pubblicate erano stati esclusi gli uomini, con intento evidente».

Silvio Berlusconi arriva a palazzo di giustizia poco prima delle undici. Niente one-man show davanti ai giornalisti, come accaduto di recente. Giusto una battuta, «avete qui l’ufficio come me?». La testimonianza dura sì e no mezz’ora, quanto basta per stupire con i mirabilia della sua residenza sarda. Una proprietà «strutturata con una villa centrale più altre ville per gli ospiti, una serie di pertinenze per pranzi e cene, un teatro, uno studio tv, impianti, giardini botanici, un museo degli agrumi, uno dei fichi, un insediamento per i pesci, un’area per le farfalle e per le tartarughe anche di età avanzata». Ancora, ci sono «pizzeria, gelateria e luna park». Insomma, «un parco delle meraviglie dove chi viene decide molto malvolentieri di andarsene».

E poi ci sono quelle foto, pubblicate da «Oggi» il 17 aprile del 2007. Silvio che tiene per mano la mora e la rossa, Silvio su una panchina con tre ragazze sulle ginocchia, Silvio-Cicerone a passeggio con cinque fanciulle. Scatti «mai autorizzati» di «un evento di natura privata». Perché «è impossibile fare foto (dell’interno della villa, ndr) se non si entra nella proprietà». Tutto attorno, insiste il Cavaliere, «ci sono recinzioni e cartelli di divieto». Un divieto che Zappadu - autore anche del Topolanek desnudo, il famoso scatto del primo ministro ceco come mamma l’ha fatto - avrebbe violato. Soprattutto, nessun «harem». Le ragazze tenute per mano? «È una mia abitudine avere grande familiarità», spiega Berlusconi. E poi «ero come sempre accompagnato dal personale di sicurezza, e c’erano anche i giardinieri. C’erano anche uomini che sono stati esclusi dalle immagini, per creare una situazione attraente». I legali di Belleri annunciano che potrebbero citare nuovamente il leader Pdl come teste. «Non ho obiezioni», rilancia il Cav, da qui a gennaio «mi aspettano 38 udienze». Quello, in realtà, è il calendario fino a Pasqua. Ma una dozzina di udienze, in effetti, sono in programma nel breve.

Ma non di soli processi vive l’ex premier. E allora via in «Montenapo», capitolo shopping®ali di Natale. Berlusconi che fa quattro passi nel Quadrilatero della moda, che si concede una breve «vasca» tra la gente, che risponde ai saluti, che improvvisa un simil-predellino acclamato dalla piccola folla di curiosi, decine di cellulari che immortalano l’acquisto di Stato, un po’ di applausi, sorrisi per tutti e «Silvio! Silvio!», e che entra in un negozio specializzato in rasoi, coltelli e pipe. «Berlusconi? L’ho trovato un po’ provato - spiega il titolare - ma comunque sempre sereno, con il suo solito aplomb. Viene da noi da molti anni e quando è a Milano ama passare qui perché sa che da noi può parlare liberamente senza il timore che quello che dice venga riportato». Che poi, a pensarci, è un po’ un controsenso.

Per non rischiare la pugnalata alla schiena, tocca andare a comprare coltelli.

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