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Troppe bugie sul nucleare, le centrali restano sicure

Non ho idea di come stanno tito­lando i giornali oggi, visto che quel che state leggendo in questo momento lo scrivevo ieri. Ma, se tanto mi dà tanto, posso immaginarmi: quando il Giap­pone fu colpito dal sisma del luglio 2007, la Repubblica, con non poco cini­smo, titolava, in prima pagina, «Terre­moto in Giappone, fuga radioattiva», in seconda pagina, «Paura nucleare», e «Incubo per un’altra Chernobyl», in terza.Non poco cinismo,dicevo.Smo­dato, dovrei dire. Per almeno due ra­gioni. Primo, perché quel terremoto provocò la morte di 11 persone e il feri­mento di quasi 2000, che forse avreb­bero dovuto meritare qualcosa di più di una citazione tra le righe. Secondo, perché non vi fu alcuna paura nuclea­re, se non nei cervelli dei redattori del quotidiano romano.
Ci sarebbe anche una terza ragione:
Chernobyl non sarebbe stata alcun in­cubo se non fosse stato per coloro che hanno scientemente e colpevolmente fatto passare per tale un evento che, an­corché il più disgraziato occorso nel settore di produzione elettronucleare, ne ha dimostrato in modo inequivoca­bile la assoluta sicurezza. Ma di Cher­nobyl avremo occasione di riparlare, visto che il mese prossimo ricorre il 25esimo anniversario, che immagino già con quali carnevalate- e con quan­to poco o punto rispetto per le vere vitti­me­ sarà ricordato. Per mettere le cose nella loro prospettiva, cominciamo col ricordare che l’ultimo terremoto che ha profondamente ferito il nostro Paese, il terremoto dell’Aquila, fu di magnitudo 6 e comportò 308 vittime colpite a morte. Orbene, il Giappone negli ultimi 10 anni ha subìto 10 terre­moti importanti. Uno, della stessa in­tensità di quello dell’Aquila, nel luglio 2005 a Tokyo, ove vi furono 20 feriti e nessun morto. Altri 8 furono di intensi­tà tra 10 e 100 volte maggiore di quello dell’Aquila, e comportarono, tutti in­sieme, meno di 80 morti. Infine, il terre­moto di ieri, di intensità 1000 volte maggiore di quello dell’Aquila.Al mo­mento in cui scrivo non si sa molto, ma verosimilmente le persone morte po­trebbero essere anche centinaia. Sup­pongo, che, altrettanto verosimilmen­te, i mezzi italiani di informazione (pa­rola grossa, ma è così che si chiamano) insisteranno sull’allarme nucleare. E probabilmente non mancheranno di segnalare l’«incendio in un edificio che ospita una turbina nella centrale nucleare di Onagawa», ma suppongo che eviteranno di specificare che era, quella, una turbina di un impianto non nucleare. Spero di sbagliare le mie supposizioni, ma voi verificate. I reattori nucleari sono progettati in mo­do da spegnersi automaticamente alla prima sollecitazione sismica. Così è ac­caduto in occasione dei 9 potenti terre­moti occorsi in questi ultimi 10 anni, incluso quello del luglio 2007, il cui epi­centro si localizzò a pochi chilometri di distanza dal più grosso reattore nu­cleare giapponese. E così è accaduto col terremoto di ieri, quando 11 reatto­ri più vicini all’epicentro si sono auto­maticamente spenti. Né, in questi 10 anni, alcuna fuga radioattiva degna di essere menzionata è stata riportata in alcuno dei 55 reattori nucleari installa­ti in quel Paese. Che, martoriato dai ter­remoti, ha anche una densità di popo­lazione che è quasi il doppio della no­stra.
Insomma, avremmo la prova ­ahimè sperimentale- che i reattori nu­cleari sono non sicuri ma sicurissimi in ordine al timore terremoti. Quello di ieri, peraltro, è il seguito di uno oc­corso, sempre in zona,3 giorni fa,di in­t­ensità 10 volte maggiore di quello del­l’Aquila e di cui nessuno s’è sentito in dovere di avvisare nessuno, visto che non ha avuto conseguenze, men che meno sugli impianti nucleari. Potrem­mo dire di avere elementi a sufficienza per affermare che la densità di popola­zione e il carattere sismico del nostro territorio sono, a esser generosi, argo­mentazioni deboli per sostenere con­trarietà all’installazione di reattori nu­cleari anche nel nostro Paese? Forse sì, ma poco importa: i mezzi italiani di in­formazione (parola grossa, ma è così che si chiamano) non smetteranno di proporcele quelle argomentazioni.

Ne sono sicuro.

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